Ecco quello che si chiama un bel quesito: alla luce del principio costituzionale sancito dall’art. 97, primo comma della Costituzione, nonché dei principi di economicità, efficacia, efficienza dell’azione amministrativa, l’obiettivo di contenimento della spesa pubblica può essere raggiunto anche disattendendo i vincoli stabiliti dalla normativa in materia di assunzioni e di spesa di personale, qualora la gestione diretta di un servizio con personale dipendente risulti più conveniente di una gestione effettuata mediante affidamento in appalto del servizio stesso?
Detta in altre parole: se io sono in grado di dimostrare che riduco la mia spesa complessiva, ma non quella specifica del personale (o di altre limitazioni , pensiamo ad esempio agli incarichi esterni) posso procedere? Portare un servizio all’interno, sapendo che questo comporta un aumento di spesa di personale rispetto a quanto stabilito al comma 557 o 562 della Finanziaria 2007 è possibile se dimostro che complessivamente spenderò di meno rispetto all’esternalizzazione?
La questione è stata sottoposta alla Corte dei conti della Lombardia che, giustamente, ha girato alle Sezioni riunite.
A me viene semplicemente da sorridere. Mi sto già immaginando oltre 8.000 (tanti sono gli enti locali) giustificazioni diverse. E responsabili dei servizi personale, responsabili dei servizi finanziari e revisori dei conti che dovranno firmarle, ecc. ecc.
A meno che non si torni alle origini… ovvero che la spesa di personale vada monitorata all’interno del patto di stabilità e basta. Ma di questo abbiamo già detto (https://www.gianlucabertagna.it/2011/06/19/spese-di-personale-e-anno-precedente/).
Anni e anni di vincoli, rigidità, domande, risposte, lavoro interpretativo, dubbi, azioni incerte per poi scoprire che avevamo scherzato: bastava una tabellina di confronto dei costi ed il gioco era fatto.
Non male, in effetti…
Aspettiamoci di tutto!
L’analisi condotta dalla Corte dei Conti nella delibera n. 428/2011 è lucida e almeno nella prima parte merita accoglimento. Nella seconda parte, che si potrebbe definire di valutazione della portata precettiva e vincolante dei principi costituzionali rispetto alle disposizioni concrete di finanza pubblica, l’argomentazione e l’analisi non tiene sufficientemente conto della natura delle disposizioni legislative in questione, afferente ai principi di coordinamento della finanza pubblica. A tal riguardo la Corte Costituzionale con al sentenza n. 182 del 7/6/2011 ha stabilito che:”secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il legislatore statale, con una “disciplina di principio”, può legittimamente «imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti» (sentenza n. 36 del 2004; si veda anche la sentenza n. 417 del 2005). Questi vincoli, perché possano considerarsi rispettosi dell’autonomia delle Regioni e degli enti locali, devono riguardare «l’entità del disavanzo di parte corrente oppure – ma solo “in via transitoria ed in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica perseguiti dal legislatore statale” – la crescita della spesa corrente». Inoltre poichè i principi di coordinamento della finanza pubblica sono pacificamente rimessi alla competenza statale (art. 117, comma 3, e 119, comma 2, Cost.) non si vede come sia possibile derogarvi in sede ermeneutica. Si potrebbe obiettare che talune disposizioni particolari sono espressione non di principi ma di normazione di dettaglio. Ma chi si assume il rischio di disporre in maniera diversa dal disposto legislativo, in mancanza di una pronuncia della Corte Costituzionale? Seguendo il discorso della Corte dei Conti nelle conslusioni contenute nel citato parere non vi è più il riferimento ai vincoli dettati dall’art. 76, comma 7, del d.l. n. 112/2008 (assunzioni di personale nel limite del 20 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell’anno precedente) e neppure ai vincoli posti dall’art. 9, comma 2 bis, del d.l. n. 78/2010 (allineamento dei fondi anni 2011, 2012 e 2013 al valore del fondo relativo all’anno 2010, con obbligo di riduzione proporzionale in caso di cessazioni). Si dovrebbe dedurre che, fatti salvi unicamente i parametri a cui fa riferimento la corte, i precitati vincoli e le rispettive norme potrebbero essere disapplicati ( o inosservati) ?