Limiti al lavoro flessibile: per ora siamo uno a uno!

La vicenda è nota: dopo le modifiche apportate dal d.l. 90/2014 all’art. 9 comma 28 del d.l. 78/2010, gli enti locali che rispettano la riduzione delle spese di personale devono anche contenere la spesa per lavoro flessibile nel limite di quanto sostenuto nel 2009, oppure non hanno più limitazioni per queste finalità?

Riporto di seguito, un mio commmento, ma prima mi fermo sul risultato (sicuramente parziale) espresso finora dalla Corte dei conti (trovate le due deliberazioni in allegato):

– la Corte della Puglia, dice che comunque va rispettato il 100% di quanto speso nel 2009;

– la Corte della Lombardia, dice che non vi è più alcun limite per lavoro flessibile.

Le regioni sono venti… il rischio di pareggio è sempre possibile…

 

Ecco il mio commento.

Avrei voluto riportare, per intero, l’articolo 9, comma 28, del d.l. 78/2010. D’altronde è stato modificato non so quante volte, per cui siamo tutti alla ricerca della versione definitiva. Poi, ho pensato che potevo cavarmela con un “taglia” e, quindi, ho deciso di riprodurre solo un estratto. Giusto per fare qualche considerazione ad alta voce[1].

 

A decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni … (omissis) … possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009. Per le medesime amministrazioni la spesa per personale relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio di cui all’articolo 70, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni ed integrazioni, non può essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per le rispettive finalità nell’anno 2009.

E, fin qua, siamo alla norma iniziale. Si parla di amministrazioni dello Stato, ecc. ecc. ma, come ben sappiamo, poi, la norma è stata estesa anche agli enti locali, i quali non hanno due vincoli separati, come sopra previsto, ma un unico limite, in virtù di quanto stabilito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 173/2012[2].

 

I limiti di cui al primo e al secondo periodo non si applicano, anche con riferimento ai lavori socialmente utili, ai lavori di pubblica utilità e ai cantieri di lavoro, nel caso in cui il costo del personale sia coperto da finanziamenti specifici aggiuntivi o da fondi dell’Unione europea; nell’ipotesi di cofinanziamento, i limiti medesimi non si applicano con riferimento alla sola quota finanziata da altri soggetti.

Questa parte, costituisce una novità della legge di conversione del d.l. 90/2014. Quindi, si prevedono alcuni casi di esclusione oggettiva dal limite del 50%.

 

Le disposizioni di cui al presente comma costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale.

Questa è la sezione della norma introdotta per obbligare anche Regioni ed enti locali al rispetto del limite.

 

Per gli enti locali in sperimentazione di cui all’articolo 36 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, per l’anno 2014, il limite di cui ai precedenti periodi è fissato al 60 per cento della spesa sostenuta nel 2009.

Norma di maggior favore per gli enti in sperimentazione contabile.

 

E veniamo, ora, al pasticcio “finale”.

A decorrere dal 2013 gli enti locali possono superare il predetto limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l’esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nonché per le spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali mediante forme di lavoro accessorio di cui all’articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Le limitazioni previste dal presente comma non si applicano agli enti locali in regola con l’obbligo di riduzione delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009.

 

La parte sottolineata è stata inserita dalla legge (114/2014) di conversione del d.l. 90/2014 e dice che gli enti che rispettano la riduzione della spesa di personale, non applicano le limitazioni previste dal presente comma, cioè, tutto quello che abbiamo visto finora, ovvero il comma 28, dell’art. 9, del d.l. 78/2010.

Però, subito dopo, c’è scritto: “Resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009”.

Ora, tutti noi sappiamo che quest’ultima frase si riferiva alle deroghe per le funzione di polizia locale, istruzione pubblica e sociale, le quali potevano superare i limite del 50%, ma entro il tetto complessivo di quanto speso nel 2009.

 

La nuova disposizione di esonero, per gli enti virtuosi che rispettano la spesa di personale, è stata collocata, chissà se volutamente o frettolosamente, nel luogo sbagliato, tanto da generare una tremenda questione: “Gli enti che rispettano la riduzione delle spese di personale, non hanno alcun limite di spesa specifico in materia di lavoro flessibile oppure possono avvalersi di lavoro flessibile nel limite del 100% di quanto speso nel 2009?

Mistero. L’analisi letterale non darebbe scampo interpretativo: il comma è il comma e, quindi, tutto ciò che sta nel comma 28, non si applica agli enti locali.

Certo, potremmo dire: “Il legislatore si è sbagliato, voleva dire: ‘periodo,’ non ‘comma’” e, quindi, agli enti virtuosi non si applica la norma di maggior favore per la polizia locale, l’istruzione pubblica ed il sociale. Ma il tutto, ovviamente, non ha alcun senso.

Facciamo, allora, un’altra analisi.

Caso A: l’ente che non rispetta la riduzione delle spese di personale non può fare assunzioni di alcun tipo; quindi, non si pone nessun problema, in quanto non può avvalersi di nessuna forma di lavoro flessibile (per questo ente l’art. 9, comma 28, è come se non esistesse);

Caso B: l’ente rispetta la riduzione delle spese di personale e, stante il disposto letterale, non applica il comma 28.

Quindi, che senso ha lasciare gli enti locali all’interno di coloro che devono rispettare la riduzione del 50%, visto che nel “Caso A” non si pone il problema e nel “Caso B” sono esentati per legge?

Direi che questo “papocchio” è uno dei migliori interventi del legislatore degli ultimi anni.

Passando dalla filosofia agli aspetti pratici, devo ricordare che:

 

Il mancato rispetto dei limiti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

 

In trepidante attesa di qualche chiarimento, non mi rimane che sospirare. Forse, per prudenza, sarebbe consigliabile, almeno in questa prima fase, rimanere nel tetto del 100% di quanto speso nel 2009.

Solo tra qualche annetto, sapremo la risposta definitiva. Tanto, c’è da scommetterci, le sezioni regionali della Corte dei Conti, sono già state coinvolte nella questione.

 

[1] In materia si veda anche: Bertagna Gianluca e Ferrari Mario, “Spese di personale, assunzioni e lavoro flessibile: cosa cambia dopo la conversione del d.l. 90/2014”, Personale News, n. 16/2014, pp. 13-21.

[2] http://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2012&numero=173

 

ALLEGATO:

LAVORO FLESSIBILE – CORTE CONTI LOMBARDIA 264/2014

LAVORO FLESSIBILE – CORTE CONTI PUGLIA 174/2014

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Un pensiero su “Limiti al lavoro flessibile: per ora siamo uno a uno!

  1. enrica cataldo dice:

    La Corte dei Conti, sezione di Controllo della Campania, si è espressa, con la delibera 232 del 6 novembre 2014.

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