Si sta diffondendo la Deliberazione n. 23/2017 della Corte dei Conti della Lombardia che ha risposto alla domanda di un comune sulla modalità di calcolo dei “resti” della capacità assunzionale. L’interpretazione dei magistrati contabili mi ha lasciato di stucco e ho già commentato la Deliberazione sul Quotidiano degli Enti Locali de Il Sole 24 Ore. Ho poi condiviso tutti i miei dubbi con la Redazione di Personale News e Mario Ferrari ha fatto un ottimo approfondimento sulla tematica. Ecco, di seguito, le motivazioni per cui la Corte dei Conti della Lombardia non ci ha per niente convinto.
Commento alla deliberazione n. 23/2017/PAR della Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia
di Mario Ferrari
- Premessa.
Da quando esistono le limitazioni alle assunzioni abbiamo familiarizzato con il concetto di capacità assunzionale. Si tratta della possibilità di assumere nuovo personale in un determinato anno sulla base delle cessazioni avvenute nell’anno precedente. La capacità assunzionale fino ad ora non è stata una costante che avrebbe consentito agli enti di fare una seria programmazione, ma è una variabile che negli anni è cambiata tante volte e che, a volte, è stata anche differenziata in base ad alcuni parametri (numero di abitanti, percentuale di spesa di personale, ecc.). Altra grossa questione della capacità assunzionale è stata la possibilità di cumulare e utilizzarne i resti degli anni precedenti. In tutta questa confusione c’è sempre stata un’unica certezza: la capacità assunzionale si calcola sulle cessazioni dell’anno precedente.
- Le capacità assunzionali negli anni.
Per chiarezza espositiva è utile riepilogare le norme applicabili nei vari anni e i loro effetti sulla capacità assunzionale[1]. Per brevità lo facciamo solo per enti con popolazione compresa tra 1001[2] e 9999[3] abitanti, come quello interessato dalla deliberazione in commento.
Anno | Norma di riferimento | Rapporto tra spese di personale e spese correnti | |
Superiore al 25% | Inferiore al 25% | ||
2014 | Art. 3, commi 5 e 5-quater, del decreto-legge 90/2014, convertito in legge 114/2014 | 60% della spesa delle cessazioni anno 2013 | 80% della spesa delle cessazioni anno 2013 |
2015 | Art. 3, commi 5 e 5-quater, del decreto-legge 90/2014, convertito in legge 114/2014 | 60% della spesa delle cessazioni anno 2014 | 100% della spesa delle cessazioni anno 2014 |
2016 | Art. 1, comma 228, della legge 208/2015, come modificato dall’articolo 16 del d.l. 113/2016, convertito in legge 160/2016 | 25% della spesa per cessazioni dell’anno 2015 o 75% se rispettosi del parametro previsto dal d.m. di cui all’articolo 263, comma 2, del TUEL | 100% della spesa delle cessazioni anno 2015 |
2017 | Art. 1, comma 228, della legge 208/2015, come modificato dall’articolo 16 del d.l. 113/2016, convertito in legge 160/2016 | 25% della spesa per cessazioni dell’anno 2016 o 75% se rispettosi del parametro previsto dal d.m. di cui all’articolo 263, comma 2, del TUEL | 25% della spesa per cessazioni dell’anno 2016 o 75% se rispettosi del parametro previsto dal d.m. di cui all’articolo 263, comma 2, del TUEL |
- la deliberazione n. 23/2017/PAR della Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia.
3.1. Il quesito.
Un ente con popolazione compresa tra 1001 e 9999 abitanti si è rivolto alla sezione regionale di controllo per la Lombardia con un quesito in merito alla capacità assunzionale. L’ente ha evidenziato di avere avuto una cessazione nel 2014 e che, in quell’anno, rispettava i parametri di virtuosità previsti dalla normativa (rapporto tra spesa di personale e spesa corrente inferiore al 25%) e, pertanto, l’ente nel 2015 aveva maturato una capacità assunzionale pari al 100% della spesa del personale cessato, ma non l’aveva utilizzata. L’ente era quindi intenzionato ad utilizzare tale capacità nel 2017, assumendo una unità di personale di pari qualifica di quella cessata, però subentra un dubbio e chiede alla sezione regionale se questo sia possibile, oppure se debba applicare a tale cessazione la capacità assunzionale prevista dalla legge di stabilità 2016, come modificata dall’articolo 16 del d.l. 113/2016, convertito in legge 160/2016. Tale disposizione ha modificato l’articolo 1, comma 228, della legge 208/2015 stabilendo che, in luogo della quota del 25% del turn-over delle cessazioni dell’anno precedente, “gli enti che nell’anno 2015 non erano sottoposti alla disciplina del patto di stabilità interno, qualora il rapporto dipendenti-popolazione dell’anno precedente sia inferiore al rapporto medio dipendenti-popolazione per classe demografica, come definito triennalmente con il decreto del Ministro dell’interno di cui all’articolo 263, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, la percentuale … è innalzata al 75 per cento nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti”.
3.2. La risposta della sezione.
Per prima cosa, la sezione passa in rassegna le varie disposizioni in materia di capacità assunzionale che si sono susseguite negli anni e così conclude: “il medesimo ente istante, avendo una popolazione superiore ai 1000 e inferiore a 10.000 abitanti e non avendo ancora proceduto a nuove assunzioni, ha una capacità assunzionale pari al 75% del budget formatesi prendendo come riferimento le cessazioni avvenute nel triennio precedente (che, nel caso di specie, è rappresentato dalla cessazione intervenuta nell’anno 2014). In linea generale, questa Sezione rammenta all’ente che quando il legislatore interviene per modificare solo la percentuale del c.d. turn over, al fine di calcolare la ‘capacità assunzionale’ bisogna prendere come riferimento la percentuale indicata per l’anno in cui si intende avviare la procedura di assunzione, a prescindere da quale fosse la percentuale indicata nell’anno a cui si riferiscono le cessazioni intervenute (ossia i c.d. resti). Infatti, i ‘resti’ devono essere presi in considerazione solo per determinare l’entità del budget di spesa su cui va parametrata la capacità assunzionale che deve necessariamente essere rispettosa della percentuale fissata dal legislatore per l’anno in cui si intende a procedere con la nuova assunzione”. Ben inteso, la risposta della sezione in questo caso è penalizzante perché riduce la capacità assunzionale dell’ente dal 100% al 75% (ma poteva anche essere il 25%), però sarebbe potuto anche avvenire il contrario. Se l’ente nel 2015 avesse avuto una incidenza della spesa di personale superiore al 25%, avrebbe avuto un incremento della capacità assunzionale dal 60% al 75%.
Ma non è questo il tema. Il punto della questione è capire se veramente tutti ci siamo sbagliati per anni nell’interpretare la norma, oppure se è la sezione regionale di controllo per la Lombardia ad aver preso un abbaglio.
- Considerazioni.
4.1. Il testo della legge.
Superato il primo momento di sgomento per l’innovatività della interpretazione, abbiamo verificato se la lettura delle norme data dai magistrati lombardi poteva avere un suo fondamento. La cosa non è facile, perché nell’enunciazione fatta dalla sezione, non ci sono riferimenti diretti ad una norma specifica, bensì viene dato per scontato il principio secondo il quale si deve fare riferimento alla percentuale in vigore nel momento in cui si avviano le procedure assunzionali, anziché a quella dell’anno in cui avvengono le cessazioni. La norma che stabilisce il cumulo dei resti è l’articolo 3, comma 5, del d.l. 90/2004, convertito in legge 114/2014, che recita: “… A decorrere dall’anno 2014 è consentito il cumulo delle risorse destinate alle assunzioni per un arco temporale non superiore a tre anni, nel rispetto della programmazione del fabbisogno e di quella finanziaria e contabile; è altresì consentito l’utilizzo dei residui ancora disponibili delle quote percentuali delle facoltà assunzionali riferite al triennio precedente …”. La norma fa espresso riferimento ai “residui … delle quote percentuali delle facoltà assunzioniali”, quindi quello che si può cumulare sono i residui delle facoltà assunzionali e tali facoltà si calcolano applicando una percentuale alla spesa del personale cessato. Volendo usare una formula matematica potremmo dire che: Facoltà assunzionali = Spesa del personale cessato nell’anno precedente * X%, dove X è la percentuale di turn-over applicabile allo specifico ente nell’anno successivo alla cessazione del personale. Per sostenere la lettura data dalla sezione regionale lombarda, la norma avrebbe dovuto dire qualcosa del tipo: “è altresì consentito l’utilizzo dei residui ancora disponibili della spesa del personale cessato riferita al triennio precedente”.
4.2. Precedenti pronunce in materia.
Sempre per valutare l’attendibilità della nuova lettura del calcolo delle capacità assunzionali, facciamo una rassegna meramente esemplificativa di precedenti in materia. La sezione delle Autonomie della Corte dei Conti con la deliberazione n, 28/SEZAUT/2015/QMIG[4] ha dato l’interpretazione “ufficiale” sull’utilizzo dei resti assunzionali e in nessuna parte della deliberazione fa cenno alla modalità di calcolo enunciata dai magistrati lombardi[5]. Anzi, nell’apparato motivazionale si legge:
- “il calcolo delle facoltà assunzionali a disposizione degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno debba essere effettuato ricomprendendo anche i residui ancora disponibili delle quote percentuali inutilizzate provenienti dagli esercizi precedenti, nel limite temporale dell’ultimo triennio”;
- “gli enti locali possono effettuare assunzioni di personale a tempo indeterminato utilizzando la capacità assunzionale del 2014 derivante dai ‘resti’ relativi al triennio 2011-2013”.
Più di recente la Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per il Molise[6], si è pronunciata sull’utilizzo dei resti delle capacità assunzionali. In particolare un ente chiede se “le facoltà assunzionali anteriori a quelle del biennio 2015-2016 (dovute alle cessazioni del 2014 e 2015 e da destinare alla ricollocazione del personale soprannumerario degli enti di area vasta), rinvenienti dalle cessazioni del triennio precedente 2011-2013, non ancora utilizzate, siano fatte salve ed esulino dal limite del 25% fissato dall’ultima legge di stabilità”. La sezione risponde che le facoltà assunzionali ancora utilizzabili sono quelle dell’anno 2013 e non menziona assolutamente la necessità di ricalcolarle sulla base delle percentuale del 25% introdotta dalla legge 208/2015. Questa visione è stata confermata dalla sezione regionale di controllo per l’Umbria con la deliberazione n. 64/2016/PAR del 16 giugno 2016[7].
Esulando dall’àmbito degli enti locali e guardando alle amministrazioni dello Stato, il d.p.c.m. 1° dicembre 2016[8], che autorizza le varie amministrazioni ad assumere personale, dimostra chiaramente che la capacità assunzionale disponibile per ogni amministrazione viene calcolata applicando la percentuale in vigore ogni anno con riferimento alle cessazioni dell’anno precedente. In particolare nella tabella 2, riferita alla Corte dei Conti, la capacità assunzionale viene determinata sommando: il 20% delle economie da cessazioni del 2013, il 40% delle economie da cessazioni del 2014 e il 25% delle economie da cessazioni del 2015.
È vero che le norme di riferimento sono differenti (articolo 3, commi 1 e 3, del d.l. 90/2014 e articolo 1, comma 227, della legge 208/2015) ma sono del tutto analoghe a quelle degli enti locali. Anzi, visto che le amministrazioni statali non si devono confrontare con le interpretazioni “creative” della Corte dei Conti, non c’è necessità di interventi normativi per correggere letture “esotiche”. In particolare sull’articolo 3 del d.l. 90/2014, mentre il comma 3, applicabile alle amministrazioni statali, (che stabilisce: “A decorrere dall’anno 2014 è consentito il cumulo delle risorse destinate alle assunzioni per un arco temporale non superiore a tre anni, nel rispetto della programmazione del fabbisogno e di quella finanziaria e contabile”), con il predetto d.p.c.m. è stato pacificamente interpretato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel senso che il triennio sia quello precedente, il comma 5, applicabile agli enti locali, (che stabiliva: “A decorrere dall’anno 2014 è consentito il cumulo delle risorse destinate alle assunzioni per un arco temporale non superiore a tre anni, nel rispetto della programmazione del fabbisogno e di quella finanziaria e contabile” è stato interpretato dalla Corte dei Conti come riferito al triennio successivo[9], tanto da far sì che gli enti locali chiedessero un intervento correttivo, che il legislatore ha esaudito aggiungendo un ulteriore periodo per specificare che “è altresì consentito l’utilizzo dei residui ancora disponibili delle quote percentuali delle facoltà assunzionali riferite al triennio precedente”[10].
- Conclusioni.
Alla luce del tenore letterale della norma, del contesto normativo e delle precedenti interpretazioni, riteniamo che si possa catalogare la deliberazione della sezione regionale di controllo per la Lombardia tra le “curiosità” ermeneutiche, destinate a non avere un seguito. Se trattassimo di zoologia potremmo trovarci di fronte ad uno zonkey (ibrido tra maschio di zebra e una femmina di asino)[11], interessante da vedere, ma incapace di generare prole.
[1] Per approfondimenti sul calcolo della capacità assunzionale rimandiamo a:
-
Bertagna Gianluca, “Quale capacità assunzionale?”, Personale News, n. 16/2016, pp. 56-57;
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Chiolero Tatiana e Bertagna Gianluca, “Il calcolo della capacità assunzionale per i comuni sopra i 10.000 abitanti”, Personale News, n. 17/2016, pp. 68-72;
-
Chiolero Tatiana e Bertagna Gianluca, “Il calcolo della capacità assunzionale per i comuni sotto i 10.000 abitanti”, Personale News, n. 18/2016, pp. 64-69;
-
Chiolero Tatiana e Bertagna Gianluca, “La capacità assunzionale nel triennio 2017/2019”, Personale News, n. 4/2017, pp. 56-59.
Credo che l’innovativa interpretazione della c dei conti lombarda limita l’utilizzo dei cd “resti” ed umilia gli eell supervirtuosi che programmano per sostituire personale cessato nel triennio di blocco e che ora paradossalmente , dopo il ripristino delle facoltà assunzionali post esubero del personale degli enti di area vasta, si ritrovano limiti superiori a quelli degli anni in cui sono avvenute le cessazioni.
Quesito al dr Bertagna sulla interpretazione della Delibera C Conti 23/2017
Comune sup 5.000 ab.
– n. 1 cessazione ( senza turn over) nel dicembre 2014 = spesa personale sup. al 25% /rispetto limite ab/dip./ resto 2015 = 60%
– n. 1 cessazione nel maggio 2017 = spesa personale inf al 25% /rispetto limite ab./dip. / resto= 75%
Possiamo assumere n. 1 operaio nel 2017 a n 36 h in sostituzione degli operai cessati: sia quello che è andato in pensione nel 2015 e di quello che andrà in pensione nel maggio 2017 ?
rectius:
Possiamo assumere n. 1 operaio nel 2017 a n 36 h in sostituzione degli operai cessati: sia quello che è andato in pensione nel 2014 e di quello che andrà in pensione nel maggio 2017 ?
Va bene se la delibera della c dei conti si esprime nel senso indicato che invero blocca ogni seria programmazione del personale dopo la riforma del dl 90 sulla introduzione dei resti per ridurre la spesa del personale e cosi’ applicando la norma gli eell virtuosi e quelli supervirtuosi hanno conseguito risparmi e servizi efficienti. Ora che sono state ripristinate le ordinarie facolta’ assunzionali nei suddetti enti sarebbero premiati dall’ esoterica ‘ interpretazione della c dei conti , che vincola solo l’ente cui il parere e’ stato richiesto. L’operatore e’ vincolato all’applicazione e non alla interpretazione della norma e il dl 90 che ha introdotto i resti sulla programmazione del fabbisogno rispetta le riduzioni di spesa del personale cui ogni ente e’ tenuto per legge.
Quindi rinviando all’applicazione del dl 90/2014 sul fabbisogno triennale e sul cumulo dei resti ( cui anche il recente d l 14/2017 convertito fa richiamo per le assunzioni dei vigili) il comune X ,dal 2016 supervirtuoso, stante il rispetto del nro dip/ ab , utilizzando i risparmi di spesa del 60% del 2016 e del 75% del 2017 , effettua l’ assunzione a tempo pieno ed indeterminato di n 1 operaio dei 2 cessati nel triennio , conseguendo cosi’ la riduzione di spesa del personale dovuta per legge.
Che cosa si intende per cessazioni? I prepensionamenti sono cessazioni?