Sono rimasto davvero sorpreso nell’aver letto in alcuni commenti che la Corte dei conti avrebbe detto che se non si stipula un contratto integrativo entro l’anno non è possibile erogare i compensi del trattamento accessorio. Se è vero che tale azione è fortemente consigliabile, ciò non vuol dire che se non avviene si “perdono tutti i soldi del fondo”.
Primo. Bisogna che si prenda consapevolezza da parte di tutti che ai sensi dell’art. 8 del CCNL 21 maggio 2018 NON È OBBLIGATORIO, stipulare ogni anno un contratto integrativo. Infatti, un ente potrebbe benissimo arrivare ad un accordo triennale giuridico ed economico senza dover per forza ogni anno andare ad approvare un accordo solo economico. Tenere separati accordi giuridici ed economici (pratica purtroppo legittimata dall’ARAN) è un clamoroso salto nel passato in totale disallineamento con i contratti nazionali che sono contestualmente giuridici ed economici. Il CCNL, in questo senso, offre una chiarezza che supera la prova delle più fantasiose interpretazioni: “Il contratto integrativo ha durata triennale e si riferisce a tutte le materie di cui all’art. 7, comma 4. I criteri di ripartizione delle risorse tra le diverse modalità di utilizzo di cui alla lett. a) del citato comma 4, possono essere negoziati con cadenza annuale“. Ovvero: il CCI dura tre anni, senza se e senza ma; se proprio si vuole, la ripartizione delle risorse, ovvero il risvolto economico delle regole scritte nel contratto decentrato, può essere negoziata annualmente.
Secondo. Ci si dimentica sempre dell’ultrattività dei contratti integrativi precedenti. Principio giuridico di portata generale che anche la Corte dei conti, in passato, ha sottolineato.
Terzo. Se anche un ente optasse per stipulare tutti gli anni un contratto integrativo (che noia, però, ragazzi) potrebbe evidentemente succedere che non ce la faccia entro l’anno. Si potrebbe giungere ad una stipula per quell’anno di un CCI in un giorno dell’anno successivo? Esempio: nel 2019 proprio non ce la si fa a stipulare un CCI entro il 31.12.2019. È vero che nel 2020 non si potrebbe stipulare un CCI con riferimento al 2019?
No, non è vero. Esattamente come accade per il fratello maggiore del CCI, il CCNL, che, ormai per prassi, vede purtroppo la luce ben oltre la data di inizio del periodo che vuole normare. Ed esattamente come questo, anche il CCI, evidentemente, esplicherà i suoi effetti dalla data di stipula innanzi.
Nel 2020 si può arrivare ad un accordo con i sindacati per l’anno 2019, ma ovviamente non si può che prevedere quanto di fatto è già “successo” in quell’anno (magari in virtù di accordi precedenti ultra-attivi) e destinare eventuali somme non già spese alla performance. Per poterle però davvero spenderle è necessario avere un sistema di misurazione e valutazione già in essere, fatto bene e con schede di valutazione dei dipendenti operative. Chi lo dice? Non solo io. Ad esempio lo dice la Deliberazione n. 29/2018 della Corte dei conti del Friuli Venezia Giulia; non smentita, tra l’altro, dalla Deliberazione n. 201/2019 della Corte dei conti del Veneto.
Ma poi, quanto danno arreca alla tanto decantata azione amministrativa una continua incertezza nella disciplina del decentrato? E che fine fa l’intelligente considerazione che ha senso che si arrivi (si cerchi di arrivare, quanto meno), prima o dopo, a un sostanziale “allineamento” tra contrattazione collettiva e contrattazione di secondo livello?