Nel 2017 io e Silvio siamo stati qualche giorno a fare trekking sui colli Euganei. Momenti davvero belli, accompagnati costantemente dall’ombra del tumore, ma allo stesso tempo sereni e spensierati. L’ultimo giorno ci siamo persino concessi una mattina alle terme, per dire.
Il papà di Silvio, Marcello, ha radici in quelle terre. Una delle nostre mete è stata quella di giungere fino alla Cascina Baù – il loro cognome – segnata regolarmente sulla mappa della zona. Si tratta di un piccolissimo borgo di poche case che neppure immaginavamo avesse una denominazione topografica. Silvio è sempre stato uno attaccato alle cose della tradizione e quel momento lo ha di certo vissuto intensamente.
Di quel viaggio c’è un’altra cosa che ora mi è tornata alla memoria. Durante le varie giornate abbiamo spesso incontrato dei grossi funghi. Il mio amico si affrettava a raccoglierli, metterli nello zaino e infine nel baule della macchina. Mi diceva: “Sono certo che sono buoni”. E poi, con entusiasmo, aggiungeva: “Non vedo l’ora di portarli a casa a mio papà, così capisce che anch’io so trovare dei funghi”.
La scena del ritorno, ancora mi fa sorridere. Siamo nel cortile di casa sua. Silvio è su di giri. Non vede l’ora di raccontare i due fatti a suo papà che ci sta aspettando, con la sigaretta in mano, sulla panchina appoggiata al muro.
Prendendo la cartina e aprendola sul cofano dell’auto, chiama suo padre e gli dice: “Vieni a vedere che ho trovato dove sei nato! Guarda qua. C’è una cascina Baù. Ti ricordi?”. Marcello borbotta un: “Boh, mah”. E sorride.
Dopo di che Silvio apre il baule e in dialetto dice: “Dài, papà, vieni a vedere che funghi ho trovato!”. Marcello, guardingo si avvicina e mette le mani nella cassetta toccando ogni fungo. Poi prende la cassetta, la estrae dalla macchina e la dà in mano al Silvio: “Toh, va a buttarli nell’orto che non ce n’è nemmeno uno buono”. Poi si allontana e torna, con la sigaretta in bocca, nel suo mondo.
Questo di Marcello è stato uno dei discorsi più lunghi a cui ho assistito. Il papà di Silvio era così. Un ometto magro, scuro, di pochissimi discorsi.
È morto l’altro giorno. A ottant’anni.