Produttività fuori orario di lavoro

Con la Deliberazione n. 52 del 18 luglio 2008 la Sezione di controllo della Corte dei conti della Lombardia giudica inammissibile la domanda posta da un Sindaco in merito alla possibilità di realizzare progetti che in alcuni casi richiedono prestazioni dei dipendenti oltre il normale orario di lavoro.

La Sezione ritiene che la richiesta di pareri non possa che riguardare questioni di carattere generale, quali l’interpretazione e l’applicazione di norme e principi in materia di contabilità, mentre non può essere riferito a alla valutazione dei comportamenti amministrativi sotto il profilo della responsabilità amministrativo-contabile.

Ma il problema è certamente attuale.

Negli ultimi anni gli enti locali, anche alla luce delle restrizioni in materia di assunzioni e limitazioni sulle spese di personale, hanno fatto spesso ricorso a progetti obiettivo fuori orario di lavoro assegnati ai propri dipendenti.

Tale modalità di procedere presenta alcuni problemi di legittimità e di opportunità.

Innanzitutto si rileva che tali progetti sono stati disapplicati dall’art. 28 del Contratto collettivo di lavoro del 01.04.1999. La disciplina vigente in precedenza in merito al fondo di produttività è stata quindi totalmente ridisegnata a decorrere dal 1999. Lo stesso art. 37 del Ccnl 2004 espressamente prevede: la attribuzione dei compensi di cui all’art. 17, comma 2 è strettamente correlata ad effettivi incrementi della produttività e di miglioramento quali-quantitativo dei servizi da intendersi, per entrambi gli aspetti, come risultato aggiuntivo apprezzabile rispetto al risultato atteso dalla normale prestazione lavorativa.

Contrattualmente non vi è quindi spazio per richiedere ulteriori prestazioni di orario rispetto al tempo normale se non per prestazioni di lavoro straordinario. Quest’ultime però soggiacciono a determinati limiti, riassunti dall’art. 38 del Ccnl del 2000: le prestazioni di lavoro straordinario sono rivolte  a fronteggiare situazioni di lavoro eccezionali e pertanto non possono essere utilizzate come fattore ordinario di programmazione del tempo di lavoro e di copertura dell’orario di lavoro

Ovvero, non esistono all’interno delle disposizioni contrattuali delle possibilità di attività per i dipendenti che non siano ricomprese nelle fattispecie del lavoro ordinario o lavoro straordinario. Già di per sé questo costituisce nullità per tutte le discipline che gli enti locali mettono in atto per far svolgere al proprio personale progetti obiettivo fuori orario di lavoro. Ma c’è dell’altro.

Ci domandiamo infatti quanto questi progetti vengano poi effettivamente retribuiti. Spesso gli enti individuano importi molto distanti rispetto al compenso orario per il lavoro straordinario. A volte più bassi a volte molto più alti. Se è vero, come evidenziato poco sopra, che ogni ora aggiuntiva rispetto a quelle previste contrattualmente è lavoro straordinario, è quindi ipotizzabile che:

–         in caso di compensi inferiori al costo del lavoro straordinario, il dipendente potrà in ogni momento richiedere la corresponsione della differenza (tale situazione non può comunque essere fonte di espresse rinunce da parte dei lavoratori);

–         in caso di compensi superiori al costo del lavoro straordinario è ovvio che siamo in un ambito in cui vi è un aumento delle spese per l’ente locale che trova difficili giustificazioni di logica e razionalità con eventuale possibile addebito di responsabilità.

Inoltre non possiamo dimenticare il danno da usura psico-fisica che può scattare proprio quando si insiste nella richiesta di prestazioni aggiuntive oltre l’orario di lavoro non prevedendo nella maggior parte dei casi l’adeguato periodo di riposo dei dipendenti.

Ancora più sbagliata è la prassi di rilasciare da parte dei dipendenti delle dichiarazioni di rinuncia alle prestazioni di lavoro straordinario in cambio dell’erogazione dei compensi pattuiti quali progetti obiettivo. Il riconoscimento del lavoro straordinario è un diritto inalienabile e irrinunciabile. Tale procedura poi è spesso affiancata dal sospendere per le ore aggiuntive la timbratura del cartellino. Una tale situazione creerebbe un grosso aggravio di responsabilità in caso di infortunio sul lavoro.

Aran e Anci hanno da sempre raccomandato gli enti “di evitare di richiedere impegni e risultati al di fuori degli istituti del lavoro ordinario e straordinario, al fine di sottrarsi all’insorgere di situazioni di conflittualità, con possibili responsabilità da parte dei competenti dirigenti”.

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