I contratti integrativi dopo il 31.12.2012

Tante domande sulla questione in oggetto. Riporto di seguito un articolo di Mario Ferrari apparso su Personale News n. 18/2012.

 

Il modello di contrattazione per il pubblico impiego fino a tutto l’anno 2009 era così congegnato:

–        contrattazione nazionale quadriennale di tipo normativo;

–        contrattazione nazionale biennale di tipo economico.

La corrispondente contrattazione decentrata (aziendale o territoriale) delineata dall’articolo 5, comma 1, del CCNL 01.04.1999[1] prevedeva:

–        contrattazione quadriennale nella quale si regolavano gli istituti economici oggetto di contrattazione;

–        contrattazione annuale limitata all’utilizzo delle risorse decentrate.

L’articolo 40, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, come sostituito dal d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, al comma 3 stabilisce: “La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato, la struttura contrattuale, i rapporti tra i diversi livelli e la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi. La durata viene stabilita in modo che vi sia coincidenza fra la vigenza della disciplina giuridica e di quella economica”.

Questa norma rimanda indirettamente alla “Intesa per l’applicazione dell’Accordo quadro sulla riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009 ai comparti contrattuali del settore pubblico”[2] firmata il 30 aprile 2009 che, tra l’altro:

–        conferma la presenza di due livelli di contrattazione (nazionale e aziendale o territoriale);

–        dispone la durata triennale tanto per la parte economica che per quella normativa.

Come sappiamo la contrattazione nazionale è rimasta bloccata per il triennio 2010-2012 per effetto dell’articolo 9, comma 17, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 , convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122[3], questo non vuole dire che anche la contrattazione decentrata sia bloccata.

Infatti in questo triennio, proprio l’articolo 65, commi 1, 2 e 4, del d.lgs. 150/2009[4] obbliga gli enti all’adeguamento dei contratti collettivi integrativi vigenti alla data di entrata in vigore della norma. Nel caso specifico del comparto regioni e autonomie locali i contratti integrativi dovevano essere adeguati entro il 31 dicembre 2011 e quelli non adeguati cesseranno la loro efficacia dal 31 dicembre 2012 e non saranno ulteriormente applicabili.

Gli enti che non avessero provveduto ad avviare una sessione negoziale per la stipula di un nuovo contratto decentrato devono affrettarsi a redigere una piattaforma contrattuale e a presentarla alle organizzazioni sindacali. Questa norma, che stabilisce l’inapplicabilità dei contratti stipulati prima del 15 novembre 2009[5], rischia di creare una paralisi della incentivazione del personale per l’anno 2013, ma dà alle amministrazioni la grande opportunità di “ripulire” i propri contratti decentrati dalla presenza di disposizioni di dubbia legittimità[6].

Ricordiamo infatti che i contratti collettivi restano vigenti anche oltre il periodo previsto, fino a che non vengono sostituiti da un nuovo contratto. Questa “ultravigenza” ha di fatto paralizzato le trattative in molti enti, quando si è cercato di andare a ritoccare in senso sfavorevole ai dipendenti (ma maggiormente aderente alle normative) alcuni istituti contrattuali.

La stessa forza pattizia dei contratti ha reso anche complessa la disapplicazione da parte dell’amministrazione di norme illegittime inserite nei contratti decentrati. Per rendere inefficaci le clausole illegittime occorre avvalersi della disposizione dell’articolo 40, comma 3-quinquies, del d.lgs. 165/2001[7], che dispone che, in caso di violazioni di limiti posti dalla legge o dal contratto nazionale, le clausole sono nulle e non possono essere applicate[8]. In questo modo si agisce sull’efficacia e l’amministrazione può rendere non operative le clausole nulle e bloccarne gli effetti[9].

Per disporre legittimamente la disapplicazione, non si presuppone, e non è richiesto, che sia avviato un giudizio di dichiarazione della nullità; nel caso in cui la parte sindacale e/o i dipendenti avviino una causa per ottenere l’applicazione della clausola disapplicata, l’amministrazione in tale sede potrà fare rilevare la nullità. Diversamente, nel caso in cui si decida di tentare il recupero dai dipendenti di somme già versate, la giurisprudenza si è orientata nel senso di ritenere necessaria la dichiarazione giudiziale di nullità[10]. Cosa non certo facile da ottenere, a meno di palesi violazioni del CCNL[11].

Non si tratta quindi di “sospensione” della clausole, né di disdetta del contratto, ma di mera disapplicazione. Di tale atto si dovrà dare informazione successiva alle organizzazioni sindacali e alla RSU.

Tornando in tema, ribadiamo che questa volta la parte sindacale non potrà assumere un atteggiamento dilatorio. Sarà anche loro interesse concludere un accordo, visto che:

–        il precedente contratto non sarà ulteriormente applicabile per espressa disposizione di legge;

–        l’amministrazione potrà avvalersi della possibilità recata dall’articolo 40, comma 3-ter, del d.lgs. 165/2001 e, in caso del mancato raggiungimento di un accordo, “al fine di assicurare la continuità e il migliore svolgimento della funzione pubblica … può provvedere, in via provvisoria, sulle materie oggetto del mancato accordo, fino alla successiva sottoscrizione”.

 

La contrattazione decentrata triennale

Con la contrattazione triennale le parti dovranno definire in via generale tutte le materie demandate alla contrattazione decentrata, che, a seguito della riforma introdotta dal d.lgs. 150/2009 sono state fortemente ridimensionate rispetto all’elencazione contenuta nei contratti collettivi[12]. L’unica eccezione, come già ricordato al paragrafo precedente, sono i criteri per la ripartizione e destinazione delle risorse decentrate, ai sensi dell’articolo 4, comma 2, lettera a) e dell’articolo 5, comma 1, del CCNL 01.04.1999.

Questo significa che in questa sede andranno ricontrattati, tanto per individuare le fattispecie più interessanti dal punto di vista economico, le parti relative a:

–        progressioni economiche orizzontali;

–        indennità di rischio, disagio, maneggio valori, specifiche responsabilità.

Come disposto dall’articolo 5, comma 1, del CCNL 01.04.1999 la sessione negoziale dovrà essere tendenzialmente unica ed esaurire tutte le materie ad essa demandate, questo anche per evitare di trovarsi in una condizione di “trattativa permanente”.

Resta inteso che se su una data materia, non sia stato concluso alcun accordo poiché questo non era necessario per motivi organizzativi contingenti (si pensi agli accordi per definire il compenso incentivante, correlato alle effettive prestazioni lavorative presso le Unioni di comuni[13], che in assenza di tale evenienza non può venire stipulato) sarà possibile stipulare un accordo in un momento successivo senza ledere il principio dell’unicità della sessione.

È appena il caso di ribadire che la contrattazione non potrà intervenire in istituti differenti da quelli specificatamente demandati alla contrattazione di secondo livello e questo a pena di nullità delle clausole.

 

La contrattazione decentrata annuale

Per quanto riguarda la contrattazione relativa all’utilizzo delle risorse decentrate, che apparentemente è una questione banale, occorre fissare bene quello che è effettivamente contrattabile.

Le disposizioni sono chiare, quello che si contratta sono “i criteri per la ripartizione e destinazione delle risorse finanziarie, indicate nell’art. 15, per le finalità previste dall’art. 17”.

La contrattazione di “criteri” non è equivalente alla contrattazione di “valori”. Su questo occorre essere molto fermi e decisi, la contrattazione di “valori” è in assoluto vietata in quanto comporterebbe l’ingerenza della parte sindacale nella gestione.

Ad esempio, nel caso in cui si fissasse nel contratto decentrato che l’ammontare complessivo per indennità di turno non può superare una data cifra, si porrebbe una chiara limitazione all’autonomia gestionale dell’ente che vedrebbe condizionata la capacità di modulare l’organizzazione dell’ente per fare fronte alle richieste di servizi (pensiamo alla necessità di istituire il turno serale per la polizia municipale). Se per tali modifiche organizzative, aventi riflessi sul piano economico, si dovesse ritornare al tavolo delle trattative il sindacato assumerebbe un potere interdittivo, che non gli è attribuito da nessuna norma.

Ci rendiamo conto che non è facile fare passare questo concetto nemmeno a tutti i componenti delle delegazioni di parte pubblica, figuriamoci imporlo alle delegazioni sindacali.

In particolare, per quanto riguarda il fondo destinato alla pagamento della retribuzione di posizione e di risultato dei titolari di posizione organizzativa negli enti con dirigenza, ricordiamo che l’articolo 17, comma 2, lettera c) del CCNL 01.04.1999 dispone: “… ai fini della determinazione del fondo, a valere sulle risorse di cui all’art.15, gli enti preventivamente istituiscono le posizioni organizzative di cui all’art. 8 del ripetuto CCNL del 31.3.1999 e ne definiscono il valore economico il cui ammontare totale corrisponde alla dotazione complessiva del fondo stesso …”. Pertanto per tale valore non vi è nemmeno contrattazione di criteri di quantificazione, ma si rimanda alla decisione unilaterale dell’Ente.

 

 



[1] La disposizione contrattuale stabilisce: “I contratti collettivi decentrati integrativi hanno durata quadriennale e si riferiscono a tutti gli istituti contrattuali rimessi a tale livello da trattarsi in un’unica sessione negoziale. Sono fatte salve le materie previste dal presente CCNL che, per loro natura, richiedano tempi diversi o verifiche periodiche. L’utilizzo delle risorse è determinato in sede di contrattazione decentrata integrativa con cadenza annuale”.

[2] L’intesa si può scaricare da questa pagina: http://www.cnel.it/349

[3] La norma recita: “Non si dà luogo, senza possibilità di recupero, alle procedure contrattuali e negoziali relative al triennio 2010-2012 del personale di cui all’articolo 2, comma 2 e articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni. È fatta salva l’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale nelle misure previste a decorrere dall’anno 2010 in applicazione dell’articolo 2, comma 35, della legge 22 dicembre 2008, n. 203”.

[4] Questa norma è stata oggetto di interpretazione autentica con l’articolo 5, comma 1, del d.lgs. 1° agosto 2011, n. 141 che ha stabilito: “L’articolo 65, commi 1, 2 e 4, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, si interpreta nel senso che l’adeguamento dei contratti collettivi integrativi è necessario solo per i contratti vigenti alla data di entrata in vigore del citato decreto legislativo, mentre ai contratti sottoscritti successivamente si applicano immediatamente le disposizioni introdotte dal medesimo decreto”.

[5] Data di entrata in vigore del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

[6] Si vedano in proposito le varie relazioni del servizio ispettivo della Ragioneria Generale dello Stato. In particolare è interessante il documento: “Le risultanze delle indagini svolte dai Servizi Ispettivi di Finanza Pubblica in materia di spese di personale del comparto Regioni ed Enti locali con particolare riferimento agli oneri della contrattazione decentrata” scaricabile a questa pagina: http://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/Attivit–i/Vigilanza-/.

[7] La norma dispone: “… Le pubbliche amministrazioni non possono in ogni caso sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dai contratti collettivi nazionali o che disciplinano materie non espressamente delegate a tale livello negoziale ovvero che comportano oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Nei casi di violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile …”.

[8] A commento della omologa disposizione del precedente art. 40, comma 3 è stato scritto: “L’espressione non è, si badi bene, meramente rafforzativa del principio della nullità: con essa, infatti, si afferma espressamente il divieto per i dirigenti, o responsabili di servizio, ed i funzionari di applicare tali clausole contrattuali a prescindere dal fatto che esse siano formalmente valide in quanto mai dichiarate nulle. Nel nostro caso, infatti, non ci troviamo al cospetto di atti amministrativi, per cui vale la regola contraria in relazione alla quale sino a che non sono dichiarati invalidi tali atti negoziali devono essere applicati”. (Tamassia Luca e Bandel Mario, “La contrattazione decentrata negli Enti Locali – Procedimento, soggetti e materie”, reperibile al link: http://www.ufficiopersonalentilocali.it/public/news_formel/La%20contrattazione%20decentrata.pdf).

[9] Tra l’altro si evidenzia che dare applicazione a clausole nulle comporta il rischio di danno erariale del quale si potrebbe essere chiamati a rispondere.

[10] Ricordiamo la sentenza 16 marzo 2010 n. 6561 del Tribunale di Napoli, sezione Lavoro, che ha ritenuto che “La sentenza resa dal giudice contabile a definizione dell’azione di responsabilità dei vertici di una pubblica amministrazione, che in violazione del CCNL, abbia stipulato un contratto decentrato integrativo che li abiliti ad erogare al personale indennità non dovute, non fa stato nei confronti dei dipendenti, rientrando nell’ambito della giurisdizione del tribunale ordinario, quale giudice del lavoro, valutare la compatibilità o meno delle disposizioni del contratto decentrato integrativo con il CCNL e, per l’effetto, rispettivamente accertare la loro validità o nullità al fine di riconoscere il diritto dei lavoratori a percepire o meno le spettanze in contestazione. Come pure rientra nell’ambito di cognizione del giudice del lavoro accertare se gli emolumenti postulati possono essere attribuiti a categorie di dipendenti che, sia pur non contemplate dal CCNL, possano risultarne beneficiari alla stregua di una sua interpretazione estensiva, in ragione delle mansioni in concreto svolte.

[11] Si veda ad esempio la sentenza 1° marzo 2012, n. 122/2012 del Tribunale di Rimini, sezione Lavoro, che ha accertato la legittimità della clausola che prevedeva l’attribuzione dell’indennità di disagio per gli agenti di PM per lo svolgimento di turni notturni e festivi e ha riconosciuto solamente l’illegittima percezione dell’indennità da parte del personale inquadrato in categoria D (per la quale l’articolo 17, comma 2, lettera e) del CCNL 01.04.1999 non prevede la possibilità di percepire l’indennità di disagio).

[12] Per una elencazione delle materie che si ritengono ancora oggetto di contrattazione decentrata si veda: Catellani Monica, Ferrari Mario, Sacchi Augusto (a cura di), “La contrattazione decentrata dopo il decreto correttivo del d.lgs. 150/2009”, Personale News, n. 4/2011, pp. 5-27.

[13] Articolo 13, comma 5, lettera a), del CCNL 22.01.2004.

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4 pensieri su “I contratti integrativi dopo il 31.12.2012

  1. Mario Ferrari dice:

    In caso di inerzia totale delle parti, al 31 dicembre 2012 i decentrati anteriori al 15 novembre 2009 non sono ulteriormente applicabili e quindi non si bloccano le erogazioni connesse agli istituti regolati dal CCDI.

  2. Daniele dice:

    La risposta del Dott. Ferrari non l’ho capita. Se non sono ulteriormente applicabili i decentrati anteriori al 15 novembre 2009 le erogazioni connesse si dovrebbero “bloccare”, o sbaglio?

  3. antonietta dice:

    come procedere:
    nel 2010 è stato sottoscritto un accordo annuale, non c’è alcun contratto normativo;
    siamo al 2013, non ci si è adeguati alla brunetta, non è stato fatto nessun altro accordo, adesso come bisogna procedere???

    prego non pubblicare mail

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