Schede di valutazione fra trasperenza e privacy

Riporto di seguito l’estratto di un articolo di Monica Catellani apparso su Personale News. Vengono presi in considerazione alcuni aspetti correlati alla trasparenza e alla privacy nel contesto “schede di valutazioni”.

È indubbio che le schede contengono dati personali e, soprattutto, valutazioni delle prestazioni professionali, giudizi ed informazioni sull’attività lavorativa prestata, apprezzamenti sulle capacità, competenze ed attitudini dimostrate. Tutti aspetti che, sicuramente (anche se non di natura sensibile), ricadono a pieno titolo nel diritto alla “riservatezza” del valutato, trasfuso in un documento prioritariamente “personale”. Per questi motivi – come precisato dal Garante per la protezione dei dati personali con il provvedimento n. 276 del 4 ottobre 2012[1] – le modalità di circolazione dei documenti valutativi all’interno dell’ente deve avvenire con idonee cautele protettive.

In particolare, nella fase della consegna si deve adottare “ogni misura idonea ad assicurare la riservatezza dei dati contenuti nelle schede individuali di valutazione” quali, ad esempio, la “consegna in busta chiusa o comunicazione spillata in modo da non consentire la visione, anche accidentale, da parte del personale che la consegna e di terzi non autorizzati” oppure l’ “utilizzo di modalità telematiche che consentano l’accesso al solo interessato e diano contestualmente certezza dell’avvenuta ricezione del documento”.

Ferme restando queste valide indicazioni, a nostro avviso è certamente adeguata ed anche preferibile una consegna diretta delle schede da parte dei valutatori ai valutati, meglio ancora se operata nel contesto di appositi colloqui espositivi.

In conclusione, possiamo dire che, in questa fase, prevale la “privacy”.

Al contempo, le schede di valutazione costituiscono un “documento amministrativoche, alle condizioni normativamente previste, possono divenire oggetto di “diritto di accesso” da parte degli “interessati”.

Pertanto, i soggetti (ad esempio, altri dipendenti) che abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento, hanno diritto all’ostensione delle schede di valutazione; il diniego risulterebbe lesivo della loro sfera giuridica. L’interesse deve essere differenziato, serio e non emulativo nonché necessario per la cura e difesa di una situazione giuridicamente rilevante. I confini del diritto di accesso, anche in questo caso specifico, sono da rinvenire negli ordinari canoni delineati (anche recentemente) dalla Suprema Magistratura amministrativa come segue:

–         “… l’accesso cd. defensionale, cioè propedeutico alla miglior tutela delle proprie ragioni in giudizio (già pendente o da introdurre), ovvero nell’ambito di un procedimento amministrativo, riceve protezione preminente dall’ordinamento atteso che, per espressa previsione normativa (art. 24, u.c., l. n. 241 del 1990), prevale su eventuali interessi contrapposti (in particolare sull’interesse alla riservatezza dei terzi, financo quando sono in gioco dati personali sensibili e, in alcuni casi, anche dati ultrasensibili)”[2];

–         “… la ‘situazione giuridicamente rilevante’ disciplinata dall’art. 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per la cui tutela è attribuito il diritto di accesso, è nozione diversa e più ampia rispetto all’interesse all’impugnativa e non presuppone necessariamente una posizione soggettiva qualificabile in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo, con la conseguenza che la legittimazione all’accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell’accesso abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l’autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita distinto rispetto alla situazione legittimante alla impugnativa dell’atto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3 agosto 2010, n. 5173)”[3].

Va pure ricordato che il diritto di accesso non può essere preordinato ad un “controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni”, espressamente escluso dall’art. 24, comma 3, della legge 241/1990[4].

Alla luce dei precetti generali sopra sintetizzati, la richiesta di accesso – per essere accolta – dovrà essere motivata, indicare gli estremi del documento richiesto o gli elementi che ne consentano l’individuazione nonché specificare e, ove occorra, comprovare l’interesse connesso all’oggetto della richiesta[5].

 



[2] Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 3 febbraio 2011, n. 783.

[3] Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 9 marzo 2011, n. 1492.

[4] Cfr. Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 12 gennaio 2011, n. 117; Consiglio di Stato, sezione VI, 28 ottobre 2010, n. 7650.

[5] Articolo 25, comma 2, legge 241/1990 e articoli 5 e 6, d.p.r. 184/2006.

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Un pensiero su “Schede di valutazione fra trasperenza e privacy

  1. Anna dice:

    Salve, sarebbe possibile conoscere il titolo dell’articolo di Catellani e consultarlo per esteso?

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