Ho sempre creduto che il comma 5 dell’art. 110 del d.lgs. 267/2000 fosse chiaro: Per il periodo di durata degli incarichi di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo nonché dell’incarico di cui all’articolo 108, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell’anzianità di servizio.
Quell’indicativo presente: “sono collocati” mi ha sempre spinto a ritenere che ci fosse un obbligo e non una discrezione. Peraltro, siccome nella vita mi sono dato delle regole precise per leggere le norme per non cambiare orientamento da un giorno all’altro, ne sono ancora convinto. Indicativo presente=obbligo.
Il Dipartimento della Funzione Pubblica, invece, con il Parere DFP-0025780-P-16/04/2021 ha ritenuto che vi sia una facoltà da parte dell’ente a concedere o meno l’aspettativa.
La decisione, dal punto di vista del “mi piace o non mi piace” devo dire che la comprendo e mi può anche essere simpatica. Conosco però casi di giudici del lavoro che hanno ritenuto di applicare quello che c’era scritto e quindi che il dipendente è collocato in aspettativa senza se e senza ma.
Non mi lascerò, quindi, guidare da quello che mi piace o non mi piace: lo do come informazione. A ciascuno le proprie valutazioni.
Certo che a questo punto vale tutto e il contrario di tutto. Sempre, in ogni caso, in ogni contesto, per ogni norma. Come ad esempio anche per i dipendenti dell’art. 90 del Tuel “i quali, se dipendenti da una pubblica amministrazione, sono collocati in aspettativa senza assegni”.
Bye bye.
perfetto e concordo pienamente
Il comma 5 dell’art. 110 del d.lgs. 267/2000 è chiaro e lo è sempre stato: Per il periodo di durata degli incarichi di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo nonché dell’incarico di cui all’articolo 108, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell’anzianità di servizio.
Si tratta di un vincolo obbligatorio per l’ente da cui si dipende, sia il D.Lgs. n. 165/2001 articolo 19 sia il D.Lgs. n. 267/2000 articolo 110 vanno infatti nella direzione di un vero e proprio diritto alla aspettativa per tutta la durata dell’incarico.
Per l’interpretazione delle leggi, intendendo con tale espressione tutti gli atti aventi forza di legge, nella legislazione italiana occorre rifarsi all’art. 12 (intitolato appunto “interpretazione della legge”) delle disposizioni sulla legge in generale, altrimenti dette preleggi o disposizioni sulla legge in generale, emanate con regio decreto 16 marzo 1942, n. 262, con cui fu approvato il codice civile, che dispone quanto segue: “Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore.
Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato.”
Nel primo periodo si definiscono i due criteri principali: letterale e sistematico; nel secondo periodo il criterio analogico e il ricorso ai principi generali dell’ordinamento.
Per il caso di specie, la disposizione è più che chiara sotto il profilo letterale e non occorre cimentarsi altrove. Il tempo verbale utilizzato dalla norma è l’indicativo presente (nella sua forma passiva) e quando il legislatore lo utilizza stabilisce, inequivocabilmente, un obbligo.
Il parere del Dipartimento della Funzione Pubblica DFP-0025780-P-16/04/2021 è un mero parere e se le amministrazioni dovessero decidere di “sposarlo”, allora si scontreranno con le diverse sentenze emesse dal giudice del lavoro, che, correttamente, hanno ritenuto di applicare quello che c’era scritto e quindi che il dipendente è collocato in aspettativa senza se e senza ma.
Qualora il Legislatore volesse, può cambiare/sostituire la disposizione di cui all’art. 110 c. 5 del Tuel, come ha già fatto nel 2014 con l’art. 11, comma 1, della Legge n. 114 .
Sino al quel momento, il testo sarà questo e come dicevano i giuristi latini, “dura lex sed lex”; che tradotto suona: “la legge è dura, ma è la legge”.
Permesso che il significato letterale della legge è chiaro, mi chiedo: a seguito del parere del DFP in base a cosa viene deciso se il dipendente che dovrà andare in aspettativa per ricoprire, altrove, un incarico art.110, rientra nelle “figure professionali talvolta infungibili”? Un semplice istruttore credo sia facilmente sostituibile e di certo non lascerebbe a piedi alcun ufficio di un ente seppure di piccole dimensioni. Chi si farà carico, eventualmente, di valutare di volta in volta le situazioni, senza creare dei precedenti?
Concordo pienamente. Mi trovo nella situazione di cui all’art 19 comma 5 bis TUPI con amministrazione di appartenenza che nega collocamento in aspettativa anteponendo esigenze organizzative. Potreste aiutarmi con riferimenti giurisprudenziali? grazie mille
Salve, è possibile avere i riferimenti di qualche sentenza del giudice del lavoro in merito a questa fattispecie? Grazie mille.
Salve, avete qualche riferimento giurisprudenziale in merito all’argomento in esame?
Grazie mille
Sono interessato anche io ad eventuali sentenze in merito che non riesco a trovare in rete.
Grazie