Certe cose mi fanno riflettere. Anche grazie agli interventi durante i corsi di formazione, si fanno ragionamenti profondi e molto attenti.
Spesso, chi opera negli enti locali, ha sguardi di razionalizzazione e di riduzione di spesa “naturali”, ovvero che fanno parte del proprio patrimonio personale. È normale fare scelte finalizzate ad una riduzione di spesa. Un occhio è poi sempre fisso sui servizi da garantire ai cittadini, i quali, non stanno su megagalattici piani della performance nella definizione italianissima di stake-holders, ma vengono a bussare alle porte dei nostri uffici.
Bene, fatta questa premessa-sfogo (giusto per sottolineare la professionalità di chi opera negli enti locali), vengo al dunque.
Il legislatore spesso mette dei limiti vincolati ad un anno ben preciso.
Esempi recenti: il fondo non può essere superiore a quello del 2010, il lavoro flessibile al 50% di quello del 2009, le assunzioni hanno turn-over su esercizi precedenti.
Ora, prendiamo il caso di un ente di nuova istituzione. Un’unione, ad esempio. Che nasce nel 2012 e quindi NON HA NESSUN PARAMETRO DI RIFERIMENTO AUTONOMO. E proviamo a rispondere alle domande
– qual è il limite del fondo della nuova unione, visto che nel 2010 non c’era?
– qual è il limite di lavoro flessibile per la nuova unione visto che nel 2009 non c’era?
Questa la risposta che mi sono dato io e che mi è stata riportata negli ultimi corsi: il limite è dato dalla somma dei limiti degli enti che fanno parte dell’unione. Bellissimo no? L’unione può fare lavoro flessibile nel limite del 50% della somma delle spese per lavoro flessibile avuto nel 2009 dagli enti che fanno parte dell’unione. Insomma… i comune “cedono” quote assunzionali all’unione.
Questo è operare correttamente, con attenzione alla spesa pubblica, in un’ottica di responsabilità e razionalizzazione.
Faccio un’altra domanda.
C’è una grossa provincia, che tra 2009 e 2010 viene scissa per dare vita ad una NUOVA provincia. Ipotizziamo che la grossa provincia sia quella di Milano e che la nuova provincia sia quella di Monza–Brianza.
Domanda: qual è il limite di spesa di lavoro flessibile per la provincia di Monza-Brianza, visto che nel 2009 non esisteva.
Io, (e forse non solo io sulla base di quanto sopra), risponderei: beh, si prende la spesa 2009 della Provincia di Milano, si moltiplica per il 50% e si decidono le modalità per distribuirsi il limite (popolazione, territorio, servizi, ecc.).
La Corte dei conti della Lombardia ha però dato un’altra risposta (Deliberazione n. 156/2012): il limite di cui all’art. 9, comma 28, del d.l. 78/2010 relativo alla spesa per forme di lavoro flessibili non è, di per sè, applicabile e, pertanto, l’ente dovrà riferire il proprio limite alla spesa strettamente necessaria sostenuta nell’anno in cui si verifica l’assoluta necessità di stipulare contratti a tempo determinato a costituire parametro per gli esercizi successivi.
Quindi la Provincia di Monza-Brianza, si stabilirà autonomamente il proprio limite. E quella di Milano? … … …
Domanda finale: siamo sicuri che operando così, si sta facendo la riduzione della spesa pubblica?