Lavoro flessibile e Corte Costituzionale

Chiusa anche la vicenda sul lavoro flessibile. L’art. 9 comma 28 del Dl n. 78/2010 che prevede il taglio del 50% rispetto all’anno 2009 è costituzionale.

Amen.

Ecco un estratto della Sentenza n. 173/2012.

La norma statale impugnata, con disposizione espressamente qualificata come principio generale di coordinamento della finanza pubblica, al quale devono adeguarsi le Regioni, le Province autonome, e gli enti del Servizio sanitario nazionale, impone, a partire dal 2011, limiti alla possibilità per le pubbliche amministrazioni statali di ricorrere alle assunzioni a tempo determinato e alla stipula di convenzioni e contratti di collaborazione coordinata e continuativa (il limite è quello del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nel 2009); nonché limiti alla spesa sostenibile dalle stesse amministrazioni per i contratti di formazione-lavoro, gli altri rapporti formativi, la somministrazione di lavoro e il lavoro accessorio (anche qui il limite è pari al 50 per cento della corrispondente spesa sostenuta nel 2009).

Successivamente alla proposizione dei ricorsi, l’art. 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010 è stato modificato dall’art. 4, comma 102, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2012). In particolare, il legislatore ha integrato l’elenco delle amministrazioni soggette al limite previsto dalla norma impugnata, inserendovi espressamente le Camere di commercio e gli enti locali. Tale modifica non altera i termini della questione così come risultanti dai ricorsi in esame, poiché l’intervento del 2011 non tocca gli aspetti della norma oggetto di doglianza da parte delle ricorrenti. Si aggiunga che, in base all’art. 36 della legge n. 183 del 2011, le descritte modifiche della norma impugnata hanno effetto dal 1° gennaio 2012, onde il testo originario dell’art. 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010 ha comunque avuto vigore per tutto il 2011.

Orbene, le doglianze formulate dalle ricorrenti non sono fondate, perché la norma oggetto della presente questione è stata legittimamente emanata dallo Stato nell’esercizio della sua competenza concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica. Essa, infatti, pone un obiettivo generale di contenimento della spesa relativa ad un vasto settore del personale e, precisamente, a quello costituito da quanti collaborano con le pubbliche amministrazioni in virtù di contratti diversi dal rapporto di impiego a tempo indeterminato. L’art. 9, comma 28, censurato, d’altronde, lascia alle singole amministrazioni la scelta circa le misure da adottare con riferimento ad ognuna delle categorie di rapporti di lavoro da esso previste. Ciascun ente pubblico può determinare se e quanto ridurre la spesa relativa a ogni singola tipologia contrattuale, ferma restando la necessità di osservare il limite della riduzione del 50 per cento della spesa complessiva rispetto a quella sostenuta nel 2009

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