In materia di lavoro flessibile, l’articolo 9, comma 28, del d.l. 78/2010 (convertito in legge 122/2010) stabilisce il generico limite del 50% della spesa sostenuta nell’anno 2009. È però prevista la seguente eccezione: “A decorrere dal 2013 per gli enti locali il predetto limite può essere superato per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l’esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nonché per le spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali mediante forme di lavoro accessorio di cui all’articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.276; resta fermo che comunque la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009”.
Un comune si è chiesto cosa significhi “spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali” da erogare tramite i voucher[1] dell’INPS.
La sezione regionale di controllo per la Lombardia della Corte dei Conti, con deliberazione n. 171/2014/PAR[2] ha precisato quanto segue:
“Ciò detto, l’esigenza di contenere le eccezioni previste dall’art. 9, comma 28, del decreto legge n. 78/2010, nelle sole ipotesi riconducibili all’esercizio delle funzioni fondamentali del comune, in coerenza con finalità della norma evidenziate anche dalla giurisprudenza contabile, porta a ritenere che le attività sociali attivabili mediante il ricorso al lavoro accessorio siano esclusivamente quelle che si qualificano come tali in ragione della natura ‘sociale’ delle attività medesime ovverosia che consistano nel fornire servizi direttamente alle persone che versano in stato di bisogno. Come affermato da questa stessa Sezione, con la deliberazione n. 447/2013/PAR del 16 ottobre 2013, sulla base della legislazione vigente in materia e in accordo con l’interpretazione della Corte costituzionale, ‘le funzioni propriamente riferibili al settore sociale sono quelle di natura assistenziale (assistenza economica, domiciliare, residenziale, sociale) riferibili ad esigenze primarie della popolazione’.
Rimane viceversa soggetto al limite generale del 50 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2009, l’impiego di personale con forme di lavoro accessorio per attività, svolte a favore dell’ente che, quantunque possano costituire l’occasione per fornire, in modo indiretto, un sostegno economico a persone in condizioni di disagio, non costituiscono attività sociali nel senso sopra precisato”.
In altre parole, la Corte afferma che l’eccezione per il lavoro accessorio vale esclusivamente se il soggetto esegue prestazioni a favore di persone che sono in stato di bisogno. L’attenzione della Corte è sulla tipologia lavorativa e non sul lavoratore.
Provo a spiegarlo meglio:
– se un ente affida lavoro accessorio ad un soggetto non bisognoso, ma questo svolge attività a favore di soggetti in stato di bisogno, abbiamo l’eccezione;
– se un ente affida lavoro accessorio ad un bisognoso, ma questo svolte attività non finalizzate alle persone in stato di bisogno, non opera l’eccezione.
Non sono d’accordo con quanto affermato dalla Corte dei Conti.
Infatti, se così fosse, mi chiedo a cosa sia servita la precisazione “nonché per le spese sostenute per lo svolgimento di attività sociali mediante forme di lavoro accessorio”. Giusto tre parole più sopra vi era già scritto che il limite poteva essere superato per l’esercizio delle funzioni del settore sociale, nel quale, ovviamente, già rientra l’aiuto ai bisognosi.
La precisazione del legislatore è, quindi, inutile se stiamo all’interpretazione della Corte dei Conti.
Tra l’altro c’è quel “nonché” che, secondo me, sta proprio a significare che siamo in presenza di una nuova eccezione rispetto alle precedenti e che la finalità è proprio quella di andare incontro ai soggetti bisognosi e non di creare ulteriori limiti.
[1] In materia di voucher: http://www.inps.it/portale/default.aspx?sID=0%3B5481%3B5484%3B&lastMenu=5484&iMenu=1 [2] https://servizi.corteconti.it/bdcaccessibile/ricercaInternet/doDettaglio.do?id=2093-19/05/2014-SRCLOM
Sono pienamente d’accordo con la lettura del Dott. Bertagna. Il legislatore, nel 2013, ha voluto allargare gli ambiti di applicazione dell’eccezione. Questo la Corte dei Conti Lombardia non l’ha capito.
L’art.24 della legge n.164 del 2014 “Misure di agevolazioni della partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione del territorio”disciplina la possibilità per i Comuni di deliberare riduzioni o esenzioni di tributi a fronte di interventi per la riqualificazione del territorio, da parte di cittadini singoli o associati.
E’ un argomento molto gettonato in questo momento e pubblicizzato dai media.
Non ne discuto l’efficacia e l’opportunità ma mi resta un dubbio mica da ridere.
Che tipo di rapporto instauro con un utente dal quale pretendo una prestazione a fronte della cancellazione totale o parziale di un suo debito tributario ? Come valorizzo il compenso orario ? La spesa conseguente rientra nei limiti di spesa di personale ? Potrei assimilare la prestazione a quanto previsto dai voucher sociali ?……..grazie per eventuali suggerimenti