A tanti (me compreso) era sfuggita la deliberazione n. 4/2014 della Corte dei conti Sezione delle Autonomie, nella quale è stato affermato che l’art. 6 comma 3 del d.l. 78/2010 non si applica agli enti locali. Si tratta della norma che chiede il taglio del 10% rispetto a quanto spettante al 30.04.2010 da parte dei Nuclei di Valutazione, Organismi di valutazione, Revisori dei conti.
Poche settimane fa, Publika aveva reso disponibile un approfondimento gratuito sui Nuclei e Oiv. Lo potete trovare in prima pagina sul mio sito.
Oggi, alla luce della Deliberazione in esame, è necessario riaggiornare il lavoro, per cui Paola Aldigeri, ha redatto l’articolo che segue per spiegare tutta la vicenda.
La riduzione dei compensi degli OIV
L’evoluzione interpretativa della Corte dei Conti
di Paola Aldigeri
1. I compensi degli organismi indipendenti di valutazione: l’assenza di un oggettivo riferimento e il taglio lineare introdotto dall’art. 6, comma 3, del d.l. 78/2010.
Allo stato attuale, la determinazione del compenso degli organismi di valutazione è rimessa alle autonome decisioni delle amministrazioni, nel rispetto del principio di economicità che ispira il d.lgs. 150/2009.
In particolare, la delibera ex CiVIT n. 12/2013[1] ha previsto che dovranno essere stabiliti importi adeguati alle dimensioni e alla complessità organizzativa delle singole amministrazioni, salvaguardando, nel contempo, il profilo dell’economicità della gestione e del costo-opportunità delle risorse, che assume particolare rilievo negli enti di piccole dimensioni.
Nella realtà dei fatti, l’assenza di una regolamentazione uniforme e di una definizione di criteri omogenei per la determinazione dei compensi ha condotto – nel tempo – all’attribuzione di importi molto diversi, anche a parità di complessità organizzativa e di funzioni da svolgere da parte degli organismi di valutazione; importi sostanzialmente parametrati, da un lato, all’esperienza pregressa e alla cultura sviluppata da parte di ciascun ente in tema di valutazione e, dall’altro, alle risorse disponibili in bilancio.
A pochi mesi di distanza dall’entrata in vigore del d.lgs. 150/2009, è stato approvato il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, successivamente convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, che – all’art. 6, comma 3 – ha espressamente previsto che “Fermo restando quanto previsto dall’art. 1 comma 58 della legge 23 dicembre 2005 n. 266, a decorrere dal 1° gennaio 2011 le indennità, i compensi, i gettoni, le retribuzioni o le altre utilità comunque denominate, corrisposti ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati ed ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo, sono automaticamente ridotte del 10 per cento rispetto agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010” [2].
Tale disposizioni normativa è ancora attualmente in vigore, in forza dell’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, che ha ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2015 il termine, già precedentemente prorogato dal decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150 (convertito in legge 15/2014).
In presenza di tale quadro normativo, in riferimento ai compensi dei componenti degli organismi di valutazione, il taglio lineare prescritto dal d.l. 78/2010 ha dovuto operare su importi che, in valore assoluto, risultavano molto diversificati da una amministrazione all’altra, senza peraltro che venissero, in alcun modo, considerate le “nuove” funzioni imposte dal d.lgs. 150/2009 agli organismi indipendenti di valutazione, rispetto ai “vecchi” nuclei di valutazione.
2. Le interpretazioni delle sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti.
Fin dall’entrata in vigore della norma, molti enti hanno interpellato il giudice contabile per avere delucidazioni in merito all’ampiezza dell’ambito di applicazione del citato articolo 6, comma 3.
Con deliberazione n. 6/2011/PAR[3], la Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per l’Emilia- Romagna, rispondeva alla provincia di Bologna, che chiedeva se – tra i componenti degli organi collegiali soggetti alla riduzione del 10% – fossero ricompresi anche i collegi dei revisori, senza tuttavia mettere in alcun dubbio l’applicabilità della norma agli enti locali.
La sezione osservò che, nell’ambito applicativo della norma, sono ricompresi gli organi collegiali comunque denominati i cui compensi siano a carico degli enti locali e, quindi, anche i collegi dei revisori dei conti, prevedendo espressamente che “la ratio dell’articolo 6, comma 3, della legge 122/2010 risiede nella riduzione dei costi degli apparati amministrativi, quale componente della spesa pubblica”.
Successivamente, nell’aprile 2011 (deliberazione n. 18/2011/PAR)[4], la stessa fu investita dal Presidente del Consiglio delle autonomie locali dell’Emilia-Romagna in merito ad alcuni dubbi interpretativi ed, in particolare, in riferimento alle seguenti problematiche:
– applicabilità della disposizione agli enti locali, in considerazione dell’espresso richiamo, in essa contenuto, all’art. 1, comma 58, della legge 266/2005, che prevedeva analoga riduzione per i componenti degli organi collegiali presenti nelle pubbliche amministrazioni e che, tuttavia, non trovava applicazione nei confronti di regioni, province autonome, enti locali ed enti del servizio sanitario nazionale, per espressa previsione del comma 64 dello stesso articolo 1. La Corte, richiamando precedenti orientamenti, tra i quali la citata deliberazione n. 6/2011/PAR, concluse, con convinzione, che “risulta del tutto pacifico che le disposizioni del comma 3 dell’art. 6 del d.l. n. 78 si applicano anche agli enti locali”;
– applicabilità della riduzione al compenso dovuto all’organo di revisione e al nucleo di valutazione, ora sostituito dall’organismo indipendente di valutazione, previsto dall’art. 14 del d.lgs. 150/2009. La Corte confermò l’orientamento espresso anche dalla sezione regionale di controllo per la Lombardia (deliberazioni nn. 1072/2010/PAR e 13/2011/PAR ossia l’applicabilità della disposizione all’organismo indipendente di valutazione o nucleo di valutazione) “anche nel caso di revisore unico, attesa l’ampia formulazione adottata dal legislatore che fa, tra l’altro, riferimento agli ‘organi di controllo’ ed ai ‘titolari di incarichi di qualsiasi tipo’”;
– automatica applicabilità della riduzione della spesa nel caso in cui si verifichi una modifica nell’attribuzione delle competenze degli organismi, come nel caso di sostituzione del nucleo di valutazione con l’organismo Indipendente di valutazione. La Corte emiliano-romagnola, rivelando senza alcun dubbio un approccio più flessibile di quello della Corte campana (deliberazione n. 173/2011)[5], ammise una deroga all’automaticaapplicabilità della riduzione della spesa prevista dal comma 3 nel caso in cui si verifichi un sostanziale e rilevante ampliamento delle attribuzioni previste, rispetto a quelle precedentemente conferite, imponendo comunque un’attenta motivazione con riferimento alla quantità e alla qualità delle attività che l’OIV deve svolgere ex lege, rispetto a quelle precedentemente svolte dal nucleo di valutazione.
3. L’interpretazione della sezione delle Autonomie della Corte dei Conti.
La certezza interpretativa con la quale la sezione di controllo per l’Emilia-Romagna sancì, fin dall’anno 2011, l’applicabilità agli enti locali dell’art. 6, comma 3, del d.l. n. 78/2010 viene messa, totalmente, in discussione dalla della sezione delle Autonomie con la deliberazione n. 4/SEZAUT/2014/QMIG del 10 febbraio 2014[6].
La questione affrontata riguarda, nello specifico, l’applicabilità o meno dell’art. 5, comma 7, del d.l. 78/2010[7], convertito in legge 122/2010, (gratuità dell’incarico) per i componenti dei consigli di amministrazione dei consorzi di enti locali.
La Corte sostiene, attraverso dettagliata argomentazione, che – nella materia di che trattasi – “la disciplina normativa si distingue in due specifici ambiti applicativi di riferimento: uno relativo al complesso organizzativo in cui sono strutturati gli enti territoriali, l’altro riferito al simmetrico complesso organizzativo della Pubblica amministrazione, esclusi gli enti territoriali”.
In particolare, arriva ad escludere, al caso in esame, l’applicabilità dell’art. 6, comma 3, del d.l. 78/2010 agli enti territoriali, ai quali si applicherebbe, invece, l’articolo 5, comma 7, del medesimo decreto.
In sintesi, il ragionamento, alla base di tale conclusione, è stato quanto segue.
Il comma 58, dell’art. 1, della legge finanziaria per il 2006[8] ha disposto che le somme riguardanti “indennità, compensi, gettoni, retribuzione o altre utilità comunque denominate, corrisposte agli organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati”, presenti nelle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001, fossero automaticamente ridotte del 10 per cento. Il comma 64 dello stesso articolo ha stabilito, tuttavia, che tali disposizioni non si applicassero alle regioni, alle province autonome, agli enti locali e agli enti del servizio sanitario nazionale.
L’articolo 6, comma 3, del d.l. 78/2010 ha successivamente imposto un’ulteriore riduzione del 10% dei “compensi”, a decorrere dal 1° gennaio 2011, rispetto agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, ma – precisando – “fermo restando quanto previsto dall’art. 1 comma 58 della legge 23 dicembre 2005 n. 266”, operando, pertanto, seppure indirettamente, l’esclusione degli enti locali dall’applicazione della norma, in quanto – a tali enti – il comma 64 della legge 266/2005 escludeva espressamente l’applicazione del comma 58.
Ed è così che la Corte arriva a sostenere che:
“Con la cosiddetta ‘manovra triennale’ varata con il D.L. 78/2010, la materia viene nuovamente innovata ma sempre mantenendo la ripetuta distinzione di ambiti applicativi: così che le disposizioni concernenti le ‘economie degli organi di governo e degli apparati politici’ di cui all’art. 5, commi 6 e seguenti sono specificamente riferite agli organi che rientrano negli apparati organizzativi dei livelli di governo locale. Le disposizioni dettate dall’art. 6, commi da 1 a 3 non si riferiscono agli enti territoriali, come si evince non solo dal contesto oggettivo, ma anche dall’espresso riferimento, nel comma 1, agli organi collegiali di cui all’art. 68, comma 1, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, (e cioè gli organismi operanti presso la Pubblica amministrazioni che sono stati reputati utili) e nel comma 3, all’art. 1, comma 58 della legge finanziaria per il 2006 che, come sopra ricordato, ne esclude espressamente l’applicazione agli enti territoriali (art. 1, comma 64). In sostanza gli apparati amministrativi ai quali fa riferimento l’art. 6 non includono quelli degli enti territoriali; il generico riferimento alle ‘pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell’art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196’ va letto sempre tenendo conto che tale disposizione integra quella contenuta nel già ricordato comma 58 dell’art. 1 della legge finanziaria per il 2006 che, pur richiamando in quella stessa disposizione, le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2 del decreto legislativo 165/2001, non era applicabile agli enti territoriali come disponeva il successivo comma 64”.
4. Riflessioni conclusive.
Seppure affrontando il caso specifico dei compensi dei componenti dei consigli di amministrazione dei consorzi di enti locali, la Corte dei Conti, sezione delle Autonomie, perviene a rilevanti conclusioni di portata generale, escludendo l’applicabilità agli enti locali dell’art. 6, comma 3, del d.l. 78/2010 ed introducendo un orientamento di segno contrario rispetto alle interpretazioni restrittive (più o meno esplicite sull’argomento) delle pronunce delle sezioni regionali, succedutesi negli anni.
Nel prendere atto dell’evoluzione interpretativa della magistratura contabile, è comunque auspicabile che – nell’ambito della delega al Governo, prevista dall’art. 19 della legge 114/2014 in materia di revisione della disciplina degli organismi di valutazione – vengano definiti parametri oggettivi, per la quantificazione dei compensi dei componenti di tali organismi; parametri connessi alla complessità organizzativa – quali la dimensione dell’ente e le funzioni effettivamente svolte – e svincolati da norme generali di portata più generale, la cui applicazione mal si concilia con la sfida, di ordine soprattutto culturale, che la recente normativa ha lanciato in materia di valutazione della performance.
[1] http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?id=05b89e160a77804254f568f1c7f736fd [2]Bertagna Gianluca e Ferrari Mario, “I tagli previsti dall’articolo 6 del D.L. 78/2010 e gli enti locali”, Personale News, n. 14/2012, pp. 5-18. [3] https://servizi.corteconti.it/bdcaccessibile/ricercaInternet/doDettaglio.do?id=2151-01/04/2011-SRCERO [4] http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/emilia_romagna/pareri/2011/delibera_18_2011_par.pdf [5]https://servizi.corteconti.it/bdcaccessibile/ricercaInternet/doDettaglio.do?id=1727-25/02/2011-SRCCAM
In particolare, nel merito della questione, per gli enti locali, la sezione ha avuto modo di precisare che “La riduzione del 10% prevista dall’art. 6, comma 3, del D.L. n. 78/2010, convertito con modificazioni, dalla L. n. 122/2010, opera anche sui compensi da prevedere eventualmente in futuro per i componenti dell’Organismo indipendente di valutazione, considerato che, dal punto di vista contabile, non sussiste soluzione di continuità tra il regime di spesa dei Nuclei di valutazione e quello degli O.I.V. eventualmente istituiti in sostituzione dei predetti Nuclei. Sicché non può configurarsi alcuna preclusione all’applicazione della riduzione prevista dalla norma de qua anche nei confronti di componenti di Organismi indipendenti di valutazione materialmente insediati successivamente alla data di riferimento e di raffronto del 30 aprile 2010, neppure qualora ad essi vengano attribuite nuove e maggiori funzioni rispetto a quelle attualmente esercitate dai membri del Nucleo di valutazione. … talché anche un ampliamento delle funzioni già previste per i Nuclei di valutazione non può incidere né sul volume né sullo stesso regime contabile delle risorse di funzionamento di cui si discute, dovendo conseguentemente essere preso a base dell’operazione di riduzione di cui alla già menzionata disposizione di cui all’art. 6, comma 3, del decreto-legge 78 del 2010 l’ammontare degli ‘importi risultanti alla data del 30 aprile 2010’ riferiti agli emolumenti corrisposti a tale data a componenti dell’Organo di valutazione (Nucleo di valutazione o, se già istituito al 30 aprile 2010, Organismo indipendente di valutazione)”.
E, poiché la costituzione dell’OIV è facoltativa per gli enti locali, la Corte aggiunge che “in sede deliberativa l’Ente interpellante potrà meglio valutare, de iure condito e nell’esercizio della propria discrezionalità, tutte le problematiche, le esigenze e le conseguenze, anche contabili, connesse ad un eventuale mutamento di regime giuridico della funzione di valutazione di cui si discute”.
A pochi mesi di distanza da tale pronuncia, la sezione regionale emiliano-romagnola affronta lo stesso tema, ossia “l’automatica applicabilità della riduzione della spesa nel caso in cui si verifichi una modifica nell’attribuzione delle competenze degli organismi, come nel caso di sostituzione del Nucleo di valutazione con l’Organismo Indipendente di Valutazione previsto dall’articolo 14 del D.lgs 150/2009, ovvero nell’ipotesi in cui al Collegio dei revisori vengano attribuite nuove competenze sulla base di quanto previsto dall’articolo 241, comma 2, del Tuel (attribuzione di funzioni aggiuntive con un incremento massimo del 20% del compenso base)”, sostenendo al proposito che: “l’automatica applicabilità della riduzione della spesa prevista dal comma 3 nel caso in cui si verifichi una modifica nell’attribuzione delle competenze degli organismi possa essere esclusa soltanto quando sussista un sostanziale e rilevante ampliamento delle attribuzioni previste rispetto a quelle precedentemente conferite”.
[6] http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_autonomie/2014/delibera_4_2014_qmig.pdf [7]La norma recita: “Con decreto del Ministro dell’interno, adottato entro centoventi sensi dell’articolo 82, comma 8, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, gli importi delle indennità già determinate ai sensi del citato articolo 82, comma 8, sono diminuiti, per un periodo non inferiore a tre anni, di una percentuale pari al 3 per cento per i comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti e per le province con popolazione fino a 500.000 abitanti, di una percentuale pari al 7 per cento per i comuni con popolazione tra 15.001 e 250.000 abitanti e per le province con popolazione tra 500.001 e un milione di abitanti e di una percentuale pari al 10 per cento per i restanti comuni e per le restanti province. Sono esclusi dall’applicazione della presente disposizione i comuni con meno di 1000 abitanti. Con il medesimo decreto è determinato altresì l’importo del gettone di presenza di cui al comma 2 del citato articolo 82, come modificato dal presente articolo. Agli amministratori di comunità montane e di unioni di comuni e comunque di forme associative di enti locali aventi per oggetto la gestione di servizi e funzioni pubbliche non possono essere attribuite retribuzioni, gettoni, o indennità o emolumenti in qualsiasi forma siano essi percepiti”. [8] La norma recita “Le somme riguardanti indennità, compensi, gettoni, retribuzioni o altre utilità comunque denominate, corrisposti ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati, presenti nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e negli enti da queste ultime controllati, sono automaticamente ridotte del 10 per cento rispetto agli importi risultanti alla data del 30 settembre 2005”.