L’ultimo e il primo

31.12.2015

Mi piace prendere possesso dei luoghi. Non so dire meglio. Intendo: quando sono in qualche città per qualche giorno, mi piace conoscere il quartiere, le strade, i negozi, i mercati, gli angoli nascosti. Questa mattina ho camminato per Lisbona, nel quartiere dell’appartamento, attorno alla piazza Sao Paulo. Non avevo meta. Era presto. Poca gente in giro. Mi sono guardato attorno. La vita era solo in qualche bar, sui tram e gli autobus in movimento. Il resto, tutto ancora immobile con le prime luci dell’alba che coloravano i muri della case, spesso ricoperte delle tipiche mattonelle.

Ho seguito qualche anziano e sono capitato al mercato coperto, un luogo magico, come tutti i mercati della mia vita. Anche qua pochissima gente, gli ambulanti e qualche persona che acquistava le prime verdure del giorno. Mi sono seduto su un muretto per cinque minuti ed ho fatto il “gioco”. Sono stato con gli occhi chiusi a sentire i rumori, ad ascoltare e cercare di capire i suoni e profumi. Il macellaio che batteva la carne, qualcuno che spostava una cassetta, due amici che si parlavano della frutta; il rumore della macchinetta del caffè e l’aroma che giungeva fino a me, una cassetta di sedano che veniva spostata e che mi regalava il profumo, il brusio in sottofondo che si faceva sempre più carico col passare dei minuti. Sarei stato lì ancora per tanto.

Poi ho fatto un salto anche in stazione, altro luogo magico, ricco di vita e di rumori. Tornando all’appartamento gli occhi erano già abituati alle cose, riconoscevano. E questo riconoscere rimane dentro per tanto tempo.

1.1.2016

Mi sveglio alle 6.38 e non avendo molto altro da fare, esco a correre un po’. C’è ancora tanta gente in giro. Tanti giovani stanno rientrando dalla nottata. Subito ho un po’ di timore, con il buio e le strade bagnate dall’acqua e dall’alcol. Poi alcuni ragazzi mi guardano e si mettono a ridere. Stanno dicendo qualcosa, tipo: “Ma guardate sto qua!”. Uno di loro si accosta a me e inizia a seguirmi correndo. Dura poco, traballa. Io lo guardo, gli sorrido e gli dico: “Dai, andiamo”. Lui scuote la mano per dirmi: lascia perdere. E mi augura “Happy New Year”.

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