La ferrata – 10 Luglio 2010
Distante anni luce da quando riuscivo a salire in arrampicata le montagne della zona, di tanto in tanto mi cimento ancora con amici in alcune ferrate.
Certo, nulla a che vedere con i ricordi del Campanile Basso, del Campanile di Val Montanaia o della guglia del Primo Apostolo in cui, da secondo, arrampicavo dietro Walter, il Cigo o il Cesco.
La ferrata non è nulla di tutto ciò, ma permette di mantenere il legame con la tanto amata montagna. Anche ieri è stato così e le bruciature sulle spalle ricordano che ero di certo più concentrato su altro piuttosto che a proteggermi dal sole cocente. Forse sarebbe stato meglio andare a fare canyoning ha ripetuto qualcuno durante tutta la gita…
Poi, con il Cesco, è sempre un’improvvisazione. Già pronti per la discesa allarga le braccia ed indicando la Cima più alta del Monte Baldo esclama: non vorremo mica fermarci qua! Sarà solo una mezzoretta! La mezzora diventa ora e le gambe iniziano a sciogliersi. Soprattutto durante la discesa verso la macchina.
Comprendo ciò che racconti, ho arrampicato anch’io tanto tempo fa, nel mio unico anno di vita trascorso a Treviso e fatto i 4 Passi (Sella, Pordoi, Campolongo e Gardena) in bici da corsa.. al punto da non voler più prendere la bici per diversi anni dopo, avendo raggiunto il massimo di ciò che potevo raggiungere.. e al punto da non voler più arrampicare (mi sono data al trekking però:).. ma in fondo la montagna è una sfida a cimentarci con i nostri limiti, quali che siano.. conta il percorso – sempre – più che la meta, a mio avviso, conta l’accettare il rischio del mettersi in gioco e come si riesce a reagire alle difficoltà che incontri DURANTE il proprio cammino.. Diversamente, la cima non costituirebbe essa stessa un limite finito all’infinito..