Una settimana in Puglia
Aprile 2010
In ogni modo ti prende. La Puglia non dà scampo e ti entra dentro. Da subito o lentamente. Questo non conta. Ne senti subito la mancanza, appena torni verso casa.
Una settimana in quella terra lontana lascia il segno.
La Puglia è capace di toccare tutti sensi.
La vista è la prima ad accorgersi che c’è qualcosa di nuovo attorno a te. Gli spazi si allargano e ricordano a tratti quel wide-open che solo nel west americano mi ha sconvolto marchiandomi per sempre. Paesaggi verdi e liberi. Poco sfruttati negativamente dall’uomo, ma lasciati crescere attorno a lui.
Non appena però si entra in un paese c’è bisogno di un nuovo punto di equilibrio. A Peschici, sul Gargano, veniamo travolti dalla totale assenza di parcheggi. La “P” bianca su sfondo blu dei cartelli qua non esiste. A noi dà persino sollievo incontrarla nelle città, disposti a pagare per un posto. Qua bisogna darsi da fare. Il mio primo parcheggio non è male: in prossimità di un incrocio, ovviamente a meno dagli otto metri previsti e a un centimetro dai marciapiedi troppo alti.
L’udito entra subito in gioco in quegli squarci di piazze, piazzette, vie e viuzze silenziose che si possono ancora trovare in questa terra. Che sia un paesino, come Peschici appunto, oppure una città, come Bari o Lecce, a volte si è in presenza della sola brezza del vento e del vociare delle persone che vivono quei luoghi. È vero, qualche motorino appare a volte all’improvviso, ma poi corre via velocemente, facendo godere ancor di più del silenzio. Il silenzio è anche il regno degli anziani. Tanti ne abbiamo incontrati per le vie. Volti solitari di chi però la sa sempre lunga.
È il momento dei sapori. Quelli di casa, nello specifico. La fortuna di essere ospiti di amici è impagabile anche da questo punto di vista. Cavatelli alle cime di rapa. Riso, patate e cozze. La famosa focaccia pugliese. Gli assaggini di diversi antipasti. Da rimanere a bocca aperta. Si mangia bene e tanto! Anche i panini a Castel del Monte hanno un sapore diverso. Pure i piccoli se ne sono accorti alla pizzeria di Polignano a Mare: divorata!
In Puglia si cammina. Il corpo si lascia facilmente condurre dagli inviti delle stradine in salita di Alberobello, dai baratri in discesa delle Grotte di Castellana, dalle vie perfettamente lastricate di Lecce. Poi si cammina ancora in centro a Bari, belli i viali e bella la città vecchia. Di domenica mattina poi c’è tutto un fascino particolare, in quella di Pasqua il ricordo è memorabile.
Ma poi ci si riposa. Magari su un divano, guardandosi insieme un film troppo simpatico che parla di quegli stessi posti o anche in riva al mare o al fresco di un giardino.
Puglia è anche forte presenza spirituale. Le emozioni sono di quelle radicate, di cui si sente materialmente la presenza nei modi di fare e di essere. La fede è cultura, la cultura è fede. Ce ne siamo accorti quanto siamo stati investiti nei sentimenti dalla processione del venerdì santo a Noicàttaro, quando i crociferi incappucciati anticipavano la venuta della culla contenente il Cristo morto. Il tintinnio delle catene ai piedi e le luci delle candele davano il riempimento totale dei sensi, delle certezze, dei dubbi e delle speranze. Padre Pio è onnipresente. Ogni chiesa lo celebra, ogni cero lo consuma. In questa terra l’uomo ha eretto verso Dio dei tempi superbi, forse i migliori, di quelli che conosco. Come le due chiese del centro di Bari o l’incanto della Cattedrale di Trani, dove il vento soffiava forte e portava il mare sulla pelle.
I bambini hanno eretto un loro tempio, più pagano. Ma anche questo è dedicato ad un santo. Lo stadio San Nicola catalizza lo sguardo avvicinandosi al capoluogo pugliese: un’astronave, un fiore, un’esplosione. Le impressioni sono diverse, ma portano lì.
Due ulteriori sensi sono stati punzecchiati in questa vacanza. Quello dell’orientamento e quello dell’istinto di sopravvivenza. Entrambi hanno a che fare con la viabilità, le strade, gli incroci. Le circonvallazioni sono dei circuiti di formula uno tra i palazzi di periferia. Per le vie vale la vecchia regola della precedenza a destra, visto che di segnali nemmeno l’ombra. Si passa regolarmente con il rosso, sempreché si riesca a vedere il semaforo, spesso nascosto dietro ad un cartello stradale. Poi si impara. Ci si butta nella mischia. Si parcheggia non in prossimità, ma proprio sugli incroci e si va addirittura contromano nelle vie a senso unico.
Il ricordo si chiude però con il calore dell’amicizia. I nostri amici ci hanno fatto trascorrere momenti davvero indimenticabili. In casa, in un ristorante, nei luoghi più turistici o in un improbabile pic-nic in un campo adibito ad area di sosta. Sorrisi, sguardi, ammiccamenti e pazienza, tanta pazienza per noi che in cinque abbiamo minato gli equilibri di quella che avrebbe potuto essere una normale Pasqua.
Da contorno a tutto ciò un lungo viaggio di andata e un lungo viaggio di ritorno, la visita al Castello di Gradara, una duplice sosta tecnica a Roseto degli Abruzzi, sotto il Gran Sasso, e una scappata in quella meravigliosa città che prende il nome di Matera.
Nonostante ciò abbiamo “lasciato indietro” appuntamenti che sono lì ad attenderci. Ma un’altra volta. È tutta una tattica per farci ritornare. E lo faremo.