L’Africa mi ha sempre affascinato. Più di tutto quell’idea di poter far qualcosa insieme. Nel 1985, l’anno di terribile carestia che ha portato Bob Geldof ad organizzare il Live Aid, avevo 15 anni. Il centro dell’adolescenza. E da lì in poi ho iniziato ad interessarmi del problema. Ho anche tanto studiato, approfondito, ragionato.
Ci sono tre persone che hanno lasciato il segno.
La prima è don Daniele che era stato curato nel mio paese. Ad un certo punto l’hanno chiamato in Etiopia e lui è partito. Io sono andato a trovarlo due volte. Nel 1993 e nel 1995. Poi è morto. A 41 anni. Un tumore ai polmoni. È una delle persone che più mi manca in assoluto.
Negli stessi anni, Alex Zanotelli, partiva per il Kenya. Dopo strani percorsi riesce ad arrivare a Korogocho, una delle baraccopoli di Nairobi, quella più vicina alla discarica. Lì vive in mezzo alla gente e con le persone crea diversi progetti. È tutto raccontato nel libro “Korogocho, alla scuola dei poveri”. L’avevo divorato e sottolineato. Nel libro c’è anche una visione di Dio che sento molto vicina.
Terzo: Sandro Bobba. Volontario della LVIA, una Ong che svolge attività di cooperazione internazionale, prevalentemente nel ramo dell’acqua. Portatori d’acqua. È stato per undici anni il presidente dell’Associazione oltre ad aver vissuto diversi anni in Africa.
Durante le vacanze di Natale ho tirato un filo e ho creato il collegamento ideale: con nel cuore don Daniele, sono stato nei posti di Alex Zanotelli insieme a Sandro Bobba.
Dodici giorni in Kenya per un’esperienza di conoscenza e condivisione; attorno a Nairobi per vedere i progetti della LVIA e per mettere i piedi a Korogocho.
D’altronde il mal d’Africa era latente. Sapevo che prima o poi sarebbe ritornato. E così è stato.
(… continua …)