Non esistono solo le graduatorie delle progressioni verticali o orizzontali. In tanti casi della vita serve una classifica. E ogni selezione porta con sé la definizione di requisiti e criteri.
Qualche giorno fa ho partecipato ad una assemblea di classe di mio figlio in cui si tiravano le somme rispetto ad una vacanza studio in Irlanda (gli studenti non vanno più in Inghilterra perché con i tempi di rilascio dei passaporti che abbiamo in Italia si fa in tempo a finire le superiori).
L’insegnante ha spiegato che c’erano state 50 pre-adesioni su 30 posti e quindi era necessario mettere dei criteri di selezione. Avrei già voluto alzare la mano per dire che dovrebbero essere preventivi, ma mi sono tenuto la cartuccia per una fase successiva.
Tra i vari criteri proposti, per una vacanza studio finalizzata ad imparare meglio l’inglese, non poteva mancare un banale “voto in inglese”.
E allora ho alzato la mano: “Ovviamente intendete che chi ha il voto più basso e quindi ha più bisogno di imparare, ha la precedenza…?”.
Silenzio per qualche secondo.
“No, il contrario. Chi ha il voto più alto ha più possibilità”.
Ah, giusto. Scommetto che anche lì lo chiamano merito.