Uno dei segni che stai invecchiando risiede, secondo me, nell’essere meno propensi a concedere rivincite. Principio che vale, ovviamente, solo se vinci.
Il giorno dell’Epifania, i miei due figli più grandi hanno pensato bene si sfidare me e mio fratello in una partita di padel. Da una parte del campo, la loro, c’erano 45 anni; nella nostra 100 perfetti. Un secolo.
Io e mio fratello ci guardiamo e facciamo la conta di quanto volte abbiamo giocato allo sport del momento in vita nostra. Due, una io e una lui. Sarà un successo, ci diciamo. E accettiamo.
Vista la nostra predisposizione ereditaria al mal di schiena, all’assenza di cartilagine e alla formazione di ernie, abbiamo subito capito che avrebbe potuto essere la cazzata dell’anno o la battaglia epica della vita. Come quelle volte che per distrarci da quello che sarebbe successo al pomeriggio, alla mattina dei nostri reciproci matrimoni siamo andati a sfidarci in una partita a tennis. Ma torniamo al campo da gioco di padel.
Incredibilmente, vinciamo facilmente il primo set con un netto 6-3. I miei figli sono imbambolati, giocano più di forza – giovanile – che di testa e in questo caso la saggezza prende il sopravvento. Ci riposiamo nel secondo set e perdiamo. Ci si gioca tutto al terzo. Capisco dove mettermi in campo e dove sbaglio di più e quindi faccio il gregario lasciando a mio fratello i colpi sotto rete.
Vinciamo con un netto 6-4. I giovincelli fanno finta di niente, ma accusano il colpo. Uscendo, chiedono: quando facciamo la rivincita?
Io e mio fratello, acciaccati con dolori che proseguiranno per una settimana, rispondiamo prontamente: Eh no! Nessuna rivincita. Va bene così. Dopo una certa età, certe battaglie diventano storie eroiche…