Le discoteche

Le discoteche

Una scatola di sigarette mi ha riportato indietro nel tempo.

Domenica pomeriggio. Piazza dell’edicola. Inverno. Ragazzi e ragazze in attesa. Incuranti del freddo nei loro vestiti a dimensioni ridotte. Un piccolo sussulto all’arrivo dell’autobus, che dalle nostre parti ancora oggi si chiama corriera. Un mezzo degli anni ’50 addobbato a nuovo con colori sgargianti sulle fiancate. Destinazione: Sayonara. La mitica discoteca di Castelgoffredo che si premurava di raccogliere i ragazzi dei vari paesi per portarli verso il divertimento. I migliori però la snobbavano, la corriera. Alla discoteca ci arrivavano in Ciao sui loro motorini azzurri, verdi o gialli sui quali, con invidia dei coetanei, avevano marchiato la scritta “Sayo” in caratteri arabeggianti.

Verso Mantova invece la metà dei sabato sera e delle domeniche pomeriggio era il Patio, poi diventato Colosseum, di Marmirolo. I genitori preferivano questo. Si diceva che rispetto al Sayo fosse più sicuro, di più classe. Non c’era però la corriera, pertanto a turno, si vedevano infreddoliti papà o mamme che attendevano l’uscita dei loro figli per riportarli a casa nella realtà.

Più in là, ma siamo già a Mantova, il Caravel era considerato ancora più di classe, per cittadini e pertanto snobbato da noi che venivamo dalla campagna: problemi di comunicazione di base.

Io, non sono mai entrato né al Patio-Colosseum, né al Caravel.

Più avanti con l’età è scoppiata la mania della musica anni ’70 esaltata al martedì sera nella discoteca Genux tra Castiglione e Desenzano.

Una meteora di un anno che ci portava a letto ad ore improbabili durante la settimana con ripercussioni atroci sullo studio e sul lavoro.

Qualche giorno fa hanno inaugurato un supermercato sorto sulle ceneri del mito Sayonara; il Colosseum, con l’obiettivo di costruirci un quartiere residenziale, è stato recentemente mandato in fumo.

Ah, ecco… si! Il fumo. Il pacchetto di sigarette. Con orrore mi sono trovato davanti un irriconoscibile scatolina marchiata “Marlboro”. Le sigarette della mia vita hanno cambiato immagine, si sono rifatte il look. Inguardabili. L’alternanza del colore rosso e bianco con incastri di triangolazioni ha lasciato spazio ad un rosso costante con un’anonima scritta.

Inutile dire che non ho mai fumato: a dodici anni mia madre mi ha messo una sigaretta in bocca e mi ha fatto tossire per mezzora. Terapia shock. Eppure il simbolo di quegli anni mi ha sempre accompagnato fino ad oggi portando con sé ricordi che in effetti non ho mai pienamente vissuto.

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