Giovanni

Così è iniziata la mia amicizia con Giovanni.

Era il primo giorno di scuola. Uscita anticipata alle undici dalla sezione staccata di Piazza Polveriera. Non ci eravamo ancora scambiati una parola.

Inizio io, timidissimo.

–          Ma tu dove vai a prendere la corriera?

–          In stazione

–          Lo sai che passa anche in Via Scarsellini che è più vicino da qua?

–          Non credo, a me pare che si fermi solo in stazione

–          Lascia perdere, ti ci porto io.

E ancora mi ci vedo, con un paio di scarpe mocassino scomodissime, a fargli da guida per tutti i marciapiedi di Mantova.

Avevo commesso due errori: la sua corriera non sarebbe mai passata per Via Scarsellini e non sapevo assolutamente la strada per arrivare a destinazione.

Dopo mezzora, Giovanni:

–          sei sicuro che questa è la strada più corta?

–          massì, ancora un attimo e ci siamo…

Fatto sta che entrambi abbiamo perso la prima corriera e avevamo le gambe stanchissime e i piedi in condizioni pietose.

Però:

–          abbiamo capito un po’ di toponomastica stradale (sembra una baggianata, ma questo ci sarebbe servito in futuro per sostenere un’odiosa interrogazione di Geografia col prof. C.);

–          abbiamo trovato delle scorciatoie (insomma, per andare in stazione delle corriere non saremmo più passati da piazza Sordello);

–          ci siamo conosciuti un po’ di più, scoprendo che entrambi giocavamo a calcio (e forse è per questo che ancora si sarebbe fidato di me);

–          ho scoperto che il detto: tutte le corriere passano per Via Scarsellini, non vale;

–          dal giorno dopo abbiamo iniziato a fare insieme il percorso (sempre più breve) e questo ci aiutava a far trascorrere il tempo.

E così, passo dopo passo, l’amicizia con Giovanni si è consolidata, tanto che ancora oggi ci frequentiamo assiduamente, addirittura con improbabili partite a tennis.

Camminare con Giovanni per Mantova è sempre stato un piacere. Ed avevamo ormai le nostre tappe fisse nei momenti di attesa degli autobus: la sala giochi sotto galleria Ferri, l’Upim lì di fronte, il negozio di dischi (prima Paterlini, poi Expo) e l’immancabile panificio Freddi, dal quale non si riusciva a passare indenni senza divorare una sua pizzetta.

Credo che alla fine della quinta conoscessimo tutte le righe dei marciapiedi, si, quelle che ci sono tra una lastra e l’altra. Poi lui era fantastico, perché cercava di non calpestarne nemmeno una. A volte, apposta, lo facevo sbagliare. L’unico modo per rimediare era di ripestarne un’altra. Bisogna sempre chiudere la giornata con un numero pari, questo era per lui un obbligo.

La stessa regola valeva anche a scuola. Se per caso prendeva contro il tavolo con la gamba, ecco che doveva ritoccarlo subito un’altra volta.

Chissà se di questo ancora se ne ricorda.

Magari al prossimo set in cui mi sta battendo a tennis provo a chiederglielo…

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