È iniziato a Padova. Poi è proseguito a Macerata per chiudersi a Urbino. Un giro di tre giornate. Ho invitato i miei genitori, che hanno accettato. E così, mentre io ero in aula a tenere i corsi, loro facevano i turisti.
Una bella esperienza. Di quelle che non si dimenticano. Anche perché il contorno del viaggio non si è esaurito nelle chiacchierate in macchina.
La cena a Macerata al ristorante “La volpe e l’uva” né un primo esempio. Un assaggio di tanti sapori.
Ho poi in mente il risveglio della mattina. La camera dell’hotel Claudiani dava sul centro storico e con la finestra aperta mi sono goduto il chiacchiericcio dei ragazzi che andavano a scuola. Questo rumore delle città mi fa sempre impazzire.
Dopo il corso abbiamo fatto un salto all’Abbadia di Fiastra. Un posto incantevole, che purtroppo, per questioni di tempo, non abbiamo potuto visitare nel suo complesso. Ma ci ritornerò.
Quando passo in quelle zone, faccio sempre un salto alla chiesa di Santa Maria a Piè di Chienti. Lo chiamo “il gioiellino”. Se c’è un Dio, penso che abiti lì.
La puntata successiva è stata Sant’Angelo in Vado, il paese del mitico Augusto Sacchi, quello dell’ufficio dei controlli interni. Il corso ad Urbino del giorno dopo l’ha organizzato lui. E così ha messo insieme un po’ di tasselli del suo puzzle in continua evoluzione. Vista la presenza dei miei genitori i pezzi si sono incastrati ancor meglio. Comunque la sua accoglienza è stata unica. La cena a base di tartufo con tutta la sua famiglia (ginocchio rotto del genero compreso) è una di quelle perle che vanno archiviate per sempre, o come dice lui per cui vale sempre la pena fare “Salva con nome”.
Infine Urbino. Che devo dire mi ha colpito brutalmente, cioè tanto. Fin dalla strada per arrivarci, in mezzo all’autunno e i suoi colori. Anche qui un’accoglienza forte e viva, con tante vere strette di mano e libri in regalo che mi permetteranno di tanto in tanto di ricollegare le fila con le Marche.
Unico anche il coffee-break sotto le arcate del piccolo cortile interno. Al termine del corso l’aria iniziava a diventare fredda e sotto la pioggia siamo andati a pranzo da Franco, cucina (famosa) romana.
Il viaggio stava per finire e così l’acqua non ha disturbato più di tanto. Abbiamo preso la strada del ritorno e siamo tornati, gli occhi e il cuore pieni, a casa.