L’altro giorno mi è stato recapitato uno di quei nastri che si autodistruggono dopo cinque secondi. Ho avuto una missione: andare in una giornata a Stratford-upon-Avon nel Regno Unito e riportare a casa quattro ragazzi che erano stati in una famiglia a “studiare” l’inglese. Siccome hanno chiamato me e non Tom Cruise, ho subito pensato che la missione non fosse impossibile. E così, ci ho provato. I punti fissi della missione erano questi: volo di andata Bergamo-Londra alle 9.05 e volo di ritorno Londra-Bergamo alle 19.10; obbligo di rientro entro la mezzanotte pena rimanere Cenerentola per tutta la vita. Ecco come è andata.
Partenza da casa alle ore 6 con l’inno di Italia su radio uno. Arrivo all’aeroporto di Bergamo e parcheggio accanto al terminal con la possibilità del fast-track per evitare quell’immensa coda al controllo sicurezza. Colazione: panino con prosciutto crudo e mozzarella, spremuta, caffè. La Ryanair oggi volava con un aeromobile della Livingstone che ha l’incredibile capacità di avere i posti ancora più stretti del solito (ma le hostess più belle). Siccome ero in missione e non in giro né per svago, né per lavoro, mi hanno tenuto l’unico posto libero dell’aereo quello vicino al mio. Mi sono allungato e ho iniziato a leggere Tiziano Terzani (ho ritenuto inutile ripassare le fasi della missione per tenere la mente allenata a gestire un possibile imprevisto).
Chi è già stato a Londra-Stansted sa che da quando l’aereo atterra a quando si esce dall’aeroporto può passare anche un’ora: a volte c’è da prendere un treno, ma soprattutto c’è l’infinito controllo documenti della frontiera inglese. Ma anche qui, mi ero preparato: sono andato col passaporto ed ho evitato la coda con la scansione autonoma del documento nei tornelli appositamente dedicati. Alle 10, ero pronto a noleggiare l’auto. Mi metto in fila, ma il tipo dice che questa mattina ci sono dei ritardi nella consegna delle macchine e ha spiegato il motivo. Io ho fatto finta di aver capito e quasi perdonato, ma di fatto non ho compreso niente: sono in missione e non devono scoprire o pensare che sia così intelligente da capire così facilmente l’inglese. Dopo un’ora e un quarto, quindi alle 11.15, posso ritirare la mia auto (una Wolkswagen Sharan).
Per mettermi alla prova, quelli dell’Intelligence hanno deciso che quella fosse l’ora giusta per far scendere il più forte acquazzone degli ultimi dieci anni. Fradicio, mi metto alla guida, che, come noto, in Inghilterra è a sinistra. Prima o poi ci si abitua a fare le rotonde al contrario. Mi aspettano 137 miglia (circa 220 chilometri) di attenta guida e di calcoli numerici sui tempi. Arrivo, carico la truppa e ripartiamo. Altre 137 miglia per l’aeroporto. Dovremmo arrivare per le 16.30 visto che l’imbarco gli amici della Ryanair lo chiudono alle 18.40.
Alle 16.00, a circa 30 chilometri da Stansted, siamo bloccati in autostrada. Fermi. Immobili. Azzardo a scendere dalla macchina (lì non lo fa nessuno, tutti inglesi sono) e un tipo abbassa il finestrino e inizia a parlare e parlare e parlare. Capisco tutto, ma faccio finta di non capire niente. Praticamente si è incendiata una macchina. Lo ha sentito alla radio. Bene. Sono in macchina, immobile, con quattro quattordicenni, sull’autostrada di Londra e le parole sono finite già da un po’. Mi sto divertendo di brutto… Facciamo un patto: non dire niente a casa (loro hanno whatsapp, io no, perché a noi agenti in missione è un gadget proibito). Mio figlio, uno dei quattro, mi chiede: “eh, papà, se per caso non torniamo a casa, tu come fai stanotte che non hai il pigiama?” Mi chiedo se questa vacanza-studio gli abbia fatto bene visto il colpo di genio… La conferma ce l’ho subito dopo, quando mi fa la seconda domanda: “papà, ma non possiamo passare dall’Hard Rock Cafè di Londra?”.
Alle 17.00 ripartiamo. Vado al massimo possibile e un po’ di più. Altra coda. Questa volta perché la gente rallenta in quanto nell’altra corsia c’è un elicottero in mezzo all’autostrada. Infine, arriviamo. Anzi no! La macchina va lasciata piena. Devo prima fare benzina. Ed avendo un po’ bisogno di una dose di tedesca fermezza, mi mangio un hot-dog ad una sterlina. Alle 17.40 lascio la macchina al ragazzo del noleggio e corriamo al controllo sicurezza. Siamo pronti per l’imbarco. Saliamo sull’aereo. Missione quasi compiuta. Sempre per non farmi riconoscere, mi sono spruzzato un po’ di sudore sotto le ascelle e di goccioline sulla fronte, giusto per non far capire che sono un freddo agente inviato in missione.
L’aereo è puntuale, ma non suona la tromba. Mezzora per il controllo documenti. Arriviamo alla macchina, partiamo e porto i ragazzi alle rispettive case. Alle 23.42 entro nel garage. Missione compiuta.
Ecco. Adesso viene la parte più difficile del piano: andare da mia nonna e spiegarle tutto. Il suo viaggio più lungo è stato quando è andata a ballare alle terme di Boario.
Povero figlio, per i suoi 14 anni, anche troppo bravo da solo in the uk! Cmq racconto buono, te lo avrei pubblicato.