Il canyoning

Se c’è una cosa che più di tutte mi piace quando faccio canyoning, è che durante la discesa non c’è il tempo per pensare a niente. Sei talmente concentrato su quello che c’è attorno e sulle tante cose da fare, che la testa non riesce a gestire nient’altro. E così, tra una calata e l’altra e tra un salto e un toboga, si finisce per dimenticarsi di tutto, se stessi compresi. E’ un bello stato dell’anima, secondo me. Si scambiano un po’ di parole con i compagni, ma soprattutto si fa quello che si deve fare, senza tanti ragionamenti.

C’è un altro insegnamento nel canyoning: la capacità di adattamento e la velocità con cui si impara. Queste attività occasionali, non capitano propriamente nel quotidiano e quindi, ogni volta, è come ripartire dall’inizio. Ma mi rendo conto che, invece, il corpo ha già imparato qualcosa e tu ti muovi più sicuro. Se anche noi ci dimentichiamo “come si fa”, c’è qualcosa dentro che si è sedimentato e che non ci fa partire da zero, regalandoci, in cambio, la sicurezza.

E’ molto bello, anche, vedere il diverso tipo di approccio all’avventura a seconda dell’età. Io, ad esempio, ogni tanto ho bisogno di certezze. Mi controllo l’imbrago, guardo dove pestano gli altri, ascolto il respiro. Oggi, con me e mio cognato, c’era anche Marco, vent’anni. Per lui era tutta un’altra cosa: improvvisazione, velocità, istinto.

 

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