La foto del bambino

Questa estate, nessuno è sfuggito alla foto del bambino morto sulla spiaggia. Forse qualcuno è fuggito, ma tutti si sono imbattuti in un modo o nell’altro in quell’immagine di luoghi che sembrano così lontani e assurdi. Da lì sono partiti commenti sui social, invasioni sulla stampa, sentenze di “giusto o sbagliato”. Ognuno con la sua propria e sacra reazione. Questa la mia.

Improvvisamente mi sono ritrovato a pensare al mio vecchio walkman. Rosso, della Sony. Quando c’era una canzone che ti piaceva e volevi riascoltarla, bisognava schiacciare il tasto “rewind” e attendere anche un minuto per ritrovarsi all’inizio. In quel minuto, partendo da quello che si era provato al primo ascolto, si cercava di rivivere le nuove emozioni che sarebbero arrivate ancora. Non sempre, però, era così. Ogni nuovo ascolto, di fatto, ci faceva imparare a memoria la canzone, forse riuscivamo a cantarla, ma non ci avrebbe dato mai più le medesime emozioni. Ecco, questa è l’immagine che ha creato il mio cervello di fronte alla foto del bambino. Neppure io so perchè, ma credo sia una specie di ritorno a quel momento dove le emozioni sono uniche e irripetibili, dove l’uomo, probabilmente, sa ancora distinguere la bellezza e se ne sente pieno, quasi incapace di fare altro, se non desiderare di ripetere l’istinto primordiale dell’amore. Un “rewind” non per cancellare ma per ripartire da luoghi diversi rispetto a quelli della violenza.

Guardando la fotografia, poi, continuavo a vederci il dopo. Non il futuro, ma un gesto semplicissimo: volevo che quel bambino si alzasse, lentamente, come fanno i bambini quando si svegliano. Non c’è bisogno di essere genitori per sapere come un leggero respiro sul petto di un bambino metta sempre le cose al posto giusto. Poi si muove un dito, quasi impercettibilmente vibrano le ciglia, arriva una scossa alle gambe, si aprono gli occhi. E ci si alza, voluti dalla vita che chiama. E così pensavo: adesso, alzati! Adesso muoviti! E ancora oggi, mi sento l’angoscia addosso nel vedere quel corpicino, inesorabilmente, fermo.

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