Il momento dell’estate

Chi mi legge su questo blog, sa che è giunto il momento di scoprire che cosa mi sono rotto in questa estate. Dopo i legamenti al ginocchio giocando a bandiera e dopo la spalla camminando ad occhi chiusi su un muretto, l’anno scorso avevo avuto la malaugurata idea di lanciarmi in mare da più di 12 metri con contusione al collo che mi ha portato un inverno ricco di non gradevoli cervicali. E quest’anno?

Inutile dire che il “colpo di Genio” è arrivato, immancabile, anzi puntualissimo. Risultato: rottura del secondo, terzo e quarto metatarso del piede sinistro. Prognosi: riposo, stampelle e “prima poi tornerai a camminare bene”.

Le cose sono andate così. Mi trovavo a fare canyoning in Svizzera con un gruppo di amici. Su e giù per i torrenti. Il primo giorno tutto era andato liscio. Abbiamo fatto il Cresciano integrale che è una forra di circa 8 ore di percorrenza. Tante botte qua e là, ma grande soddisfazione a compensare i dolori. Il giorno dopo, invece, l’obiettivo era il Pontirone, breve, ma forse il più scenico della zona. Si inizia con una calata nel vuoto di circa 35 metri vicino alla cascata. La più bella mai fatta. Poi arriva un toboga (scivolo di roccia naturale che termina in acqua). Siccome avevo un po’ mal di schiena, è arrivato l’istinto: io salto. E così, da due metri mi butto nella pozza che però non era libera, ma a pochi centimetri dall’acqua nascondeva un sasso piuttosto solido. Ci sbatto su il piede, urlo e fine, non riesco più a camminare. Per uscire dal canyon mancava ancora un’oretta e così sono stato assistito dagli altri. Arriviamo, mi tolgo la muta e fine della vacanza. Torniamo a casa.

Tutti sanno che per il piede esiste una regola sacrosanta che afferma: “se non lo appoggi vuol dire che c’è qualcosa di rotto” (chiedete ai vostri genitori e ai vostri amici, la sanno tutti). Io, nemmeno potevo sfiorare il pavimento e, quindi, con questa sicurezza professionale acquisita dalla tradizione, mi presento per le lastre al pronto soccorso. Quando l’ortopedico mi dice: “non c’è niente di rotto”, lo guardo e gli insegno: “no, guardi, qualcosa ci deve essere, vede qui e qui?”. Lui riguarda la lastra e mi dice: “è tutto ok, ma se vuole le dico che è rotto qualcosa”. Mi zittisco ed esco. Non una fasciatura, un bendaggio, niente.

Dopo una settimana il piede è ancora un salame. Faccio una risonanza magnetica e si scopre che, invece, le fratture ci sono. E qua finisce la storia. “Prima o poi tornerai a camminare bene” mi ha detto l’ortopedico. Grazie al cielo non son uno di quelli che vuole sapere con precisione i tempi di guarigione o che ha una vita super-programma. Prima o poi…

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