Ho scritto quanto segue esattamente cinque anni fa. Mi sembra bello riproporlo. Anche per dimostrare che le cose non sono cambiate molto. Cinque anni ed è tutto come prima!
A un corso di formazione dei giorni scorsi, mi sono ritrovato la sala con le seggiole predisposte a cerchio. Appena entrato ho avuto l’impressione che potesse essere l’occasione per una bella riunione in stile “Alcolisti Anonimi”. Solo che bisognava contestualizzare e allora, aspettando l’inizio del corso, ho immaginato cosa potrebbe scaturire da una seduta terapeutica avente titolo: “I disturbi tipici dei dipendenti degli enti locali”.
Chi vuole iniziare?
– Buongiorno, mi chiamo Gianluca, sono qui perché ieri pomeriggio ho fatto piangere mio figlio dicendogli che poteva mangiare le caramelle nel limite del 40% dei ciuingam mangiati lo scorso anno. Lui, veramente, voleva portarsi dietro anche i resti. Ma gliel’ho proibito con le cattive maniere.
– Salve, io sono Rosa. Sono assunta da 7 anni, 6 mesi, 3 settimane e 2 giorni. Non ho ancora stipulato il mio contratto di lavoro. Mi sento “instabile”. Sono una precaria stabilizzabile?
– Mi chiamo Carlo. Il mio difetto è di essere molto pignolo. Quando sono stato spostato all’ufficio personale mi è venuta l’idea di ricalcolare il fondo dal 1993 ed ho scoperto che nel 1998 c’è stato un errore di costituzione di 280.340 lire. Non so cosa fare. Se chiamare la Procura, la Guardia di Finanza o far finta di niente. Mi aiutate?
– Sono Francesco. Secondo me dovresti dirlo al tuo responsabile. Tu pensa che, una volta, a me hanno rigato l’auto perché mi sono azzardato a dire che l’indennità di disagio a euro 29,99 era un po’ troppo “vicina” all’indennità di rischio. Sarà stato un segno? Il mio carrozziere dice di sì.
– Buona giornata. Mi chiamo Gina. Sapete che io non riesco a dormire proprio per l’indennità di rischio? Nel contratto nazionale c’è scritto che va erogata per un importo mensile di 30,00 euro. Solo che qua si ostinano a farmela calcolare sulla base dei giorni di effettiva presenza. Ma io mi chiedo: se fosse stato sui giorni di presenza, non avrebbero dovuto quantificarla in importi giornalieri? Se è mensile, bisognerà pur definire cos’è “un mese”, ma non un importo giornaliero, o no? Che dite provo con lo Xanax?
– Sono Luisa. Posso cambiare discorso, anche se riguarda un rischio? Sono andata ad un corso sulla previdenza complementare, che si dovrebbe chiamare Perseo (il mio vicino di banco, per tutto il corso, ha continuato a dire: “sei Perseo? Trentaseo”). Volevo sapere solo una cosa: se aderire o meno. È l’unica cosa che ho capito. Mi hanno detto che dipende dalla mia predisposizione al rischio. Ho fatto un test attitudinale e la mia personalità è stata definita “soggetto ad alto rischio”. Da allora giro sempre con una pistola in tasca.
– Eh?! Ma siamo sicuri che questa terapia di gruppo funzioni?
– Ok, imbocchiamo un’altra strada. I prossimi dieci minuti insulteremo i nostri colleghi dell’ufficio tecnico, va bene? Pronti? Via!
… dopo 10 minuti…
– Ah, questa terapia ha funzionato. Molto liberatoria. Sto già meglio. Posso proporre, adesso, di insultare un po’ anche i vigili?
– Sì! Purché poi si passi alle insegnanti delle materne e alle educatrici dei nidi!
– Ehm. Posso dire qualcosa anch’io? Sono Walter. Sono diciassette giorni, due ore e quindici secondi che non leggo un articolo di Oliveri. Sono in crisi di astinenza. Ne avete uno sottomano? Uno di quelli con il titolo scioccante, poi smentito dal testo, però. Grazie.
– Mi chiamo Cristina. Sono laureata in lettere. Lavoro, ovviamente, all’ufficio personale. Ho un amico, che si chiama Giuseppe, che è il massimo esperto di tributi in Italia, e lavora, ovviamente all’ufficio personale. Il mio collega, invece, ha fatto filosofia ed elabora, ovviamente, le buste paga. C’è qualcuno qui dentro che, ovviamente, fa il lavoro per il quale ha studiato?
– Anch’io sono laureato, in lettere. Mi chiamo Giorgio. La cosa che più mi ha messo in crisi da quando mi occupo del fondo è che non ho ancora capito che cosa vuol dire “ovvero” in italiano. Vuol dire “e” oppure “o”? No, perché, ci sarebbe l’art. 15, comma 4, del CCNL 1° aprile 1999 che usa la locuzione “ovvero”, ma qua tutti la interpretano come vogliono … boh.
– Sono Silvia. Lavoro in una società partecipata. Sono stata assunta con un concorso pubblico i cui componenti erano quelli della CiVIT. Incorruttibili. Eppure, mi hanno detto che non posso transitare in una pubblica amministrazione. Sapete se è vero?
– Mi chiamo Luigi. Mi ha mandato a questa seduta terapeutica mia moglie, perché dice che devo smetterla di fissare il tetto massimo mensile di spese per formaggi e salumi nel limite della spesa sostenuta nel mese precedente per involtini e polenta.
– Non dirlo a me. Io ho elaborato un logaritmo che calcola il rapporto tra spese per viaggi e spese complessive conteggiando anche le uscite domenicali sul lago. Il dato è poi stato allargato fino ai parenti di quinto grado, i quali, però, devono aver svolto le attività turistiche negli ultimi cinque anni partendo dalla data di calcolo, tenuto conto del fattore deviante dovuto all’afa estiva o alla neve invernale. Il mio parroco, durante una confessione, mi ha promesso che avrebbe chiesto l’emanazione di una bolla pontificia per spiegare come fare correttamente il calcolo, anche se nel frattempo mi avrebbe perdonato tutti gli errori.
– A proposito di preti. Io al mio ho chiesto se i comandamenti dell’ARAN per fare gli incrementi del famoso art. 15, comma 5, fossero davvero dieci e non invece sette come ci sono stati tramandati. E poi, visto che c’ero, ho chiesto se la violazione fosse un peccato capitale o veniale.
– Scusate, ma voi avete mai elaborato un PA04? No? Allora, prima di parlare dei vostri problemi, vi invito a farlo. Tutto vi sembrerà più roseo. Ma tu, perché tremi?
– Ho avuto l’ispezione della Ragioneria generale dello Stato. Loro dicono, nella relazione, che non ne ho fatta una giusta. Nemmeno una. Progressioni orizzontali, indennità di comparto, indennità di responsabilità, art. 15, commi 2 e 5, e chi più ne ha più ne metta. Tutto. Ho sbagliato tutto. Mi sento un fallito. Se andavo a caso, forse ne azzeccavo di più…
– Ne volete sapere una? Il mio capo è una posizione organizzativa con la terza media. Io ho il master in economia delle aziende pubbliche e registro le bollette della mensa. Secondo voi ce la farà l’Italia?
– Ma non puoi farne una questione di titoli di studio, dai. Non vorrai mettere in discussione il valore ben superiore delle “esperienze” e più sono varie meglio è; si sa. Comunque, dovresti essere felice che almeno un lavoro tu ce l’hai …
– Oddio, quasi. Mi stanno stabilizzando. Si sono accorti che tremo troppo e così provano a darmi stabilità. Anche se prima devono capire come si fa, perché sembra che occorra aspettare un d.p.c.m. che spieghi le regole. Intanto, mi hanno detto che mi prorogano.
– Sono Andrea, ma ormai nessuno mi chiama più così. Prima mi hanno detto che ero un “articolo 90”, poi un “articolo 110”. Poi, esasperato, ho fatto un provino canoro per entrare negli “Articolo 31” e infine sono qua, a cercare la mia identità. Nel frattempo ascolto L’Equipe 84 e bevo l’Amaro 18 Isolabella.
– Mi chiamo Franca. L’altro giorno mi sono ammalata. Volevo stare a casa tutto il giorno, ma poi ho pensato che la mia era una malattia solo di qualche ora e quindi ho chiesto un permesso. Mi hanno detto che non vale. Allora ho provato con le ferie. Neppure! Non funziona. Non si può stare in vacanza ad ore. Non sapevo più cosa fare. Ho pensato di guarire e di tornare al lavoro.
– Buongiorno. Sono Giovanni. Mi sono laureato alla Bocconi, poi ho lavorato nella catena di montaggio della Toyota dove ho imparato a programmare la mia attività. Sono arrivato nel comune ed ho iniziato a preparare tutti gli adempimenti con largo anticipo, rispetto alla scadenza. Ma tutte le volte accadeva, a rotazione, che: a) rinviavano la scadenza; b) modificavano i modelli per le rilevazioni e dovevo rifare tutto; c) cambiava una norma. E allora ho imparato che qua bisogna fare tutto all’ultimo secondo oppure aspettare un sollecito, che tanto non succede niente.
– Sono Silvio. La notte, mentre dormo, ho un sogno ricorrente. Siamo al giudizio universale e mi presento a Dio. Lui mi guarda un po’ di traverso e mi chiede: “Ma davvero hai lavorato all’ufficio personale?” Io, prontamente, a petto gonfio rispondo: “Sì”. Lui continua: “Ma ti hanno fatto la statua? No? E allora? Tutte quelle ore in ufficio fino a tardi, quelle notti insonni pensando alla quadratura del 770 o del conto annuale, quelle litigate con i colleghi … ma allora tutto questo … perché l’hai fatto?” E qui mi sveglio sempre! Senza sentire la mia risposta.
Va bene. Direi che la seduta si può concludere qui. Abbiamo fatto un buon lavoro di gruppo. Ora ognuno può lavorare “su sé stesso”, tornandosene all’ufficio personale.
Ovviamente ci vediamo al prossimo corso; mi raccomando la terapia non funziona se non seguita assiduamente.
Semplicemente bellissimo. Ahimè.
Credo di averli tutti questi disturbi. Ce la farò a resistere fino alla pensione? Grazie per avermi alleggerito una delle tante noiose giornate di lavoro.
La vera tragedia, comunque, è che tutto vero!
Cordiali Saluti
bellissimo! e così vicino alla realtà che sembra vero! sigh!
semplicemente: “stupendo”
dopo 30 anni di servizio dico: ma è tutto vero, che tristezza!!!
salve!!!! divertentissimo!!!!! è da poco che ho scoperto il tuo sito. complimenti!!!! io sono sindacalista e agente di polizia municipale, laureata in economia e commercio da tanti anni, per varie vicissitudini sono capitata in polizia. ciao
Io sono tutti loro…tutti insieme…e veramente sto pensando di mollare tutto…poi arriva Bertagna strappa un sorriso e si tira avanti per almeno un mese…