E così, qualche giorno fa, il nonno Beppe è morto. Mio suocero aveva 88 anni. Ha deciso di salutarci il giorno del compleanno del mio figlio più piccolo. Lo reputo un omaggio, sperando di non sconvolgere i sentimenti di nessuno. Pensare a questa idea di vita e morte così vicine mi ha sempre affascinato. La naturalezza delle cose. C’è poco da fare. Quando Paolo mi ha chiesto: “Quindi per il mio compleanno saremo anche un po’ tristi?”, gli ho risposto: “Sì, ma non ci dimenticheremo mai del nonno e lo sentirai ancora più vicino”. “Allora, va bene”, ha risposto.
Il Giusepì era un personaggio. Non di quelli che salgono sugli altari, anzi, proprio il contrario. Di quelle persone, di cui i nostri piccoli paesi sono pieni, che pur rimanendo nell’ombra diventano icone. Gli aneddoti della loro vita sorpassano il “mostrarsi”, rendendoli unici. Qualche anno fa è morto il suo migliore amico, il Giuani del Bidèl. Insieme ad un altro Giovanni erano inseparabili. E dai racconti, ne hanno combinate proprio delle belle. I migliori aneddoti sono sempre stati quelli in cui raccontava le sue vicende di “tutto-fare” quando lavorava in ospedale: nel corso della giornata si ritrovava a fare le pulizie, assistere gli ammalati, guidare l’autoambulanza. Cose di altri tempi.
Il nonno Beppe lo si incontrava spesso. Era un gran camminatore, abituato a macinare chilometri tutti i giorni. Se non era a piedi era in bicicletta. Famose le sue pedalate fino al lago e ritorno. Durante le mie corsette era inevitabile che ci incrociassimo. Un saluto, due parole e via per la nostra strada. Penso che la sua migliore “impresa” rimanga il giro del Cir, una montagna al termine della Val Gardena. All’età di 76 anni lo abbiamo portato su e giù dai passi attorno ai 2.300 metri. Una camminata, fatta in mocassini, lunga e stancante per noi. Immaginiamoci per lui. Era contentissimo.
Il Giusepì stava bene a tavola. Spesso era quella di casa sua. Convocava figli e figlie e preparava la grigliata per tutte le famiglie. I polli li allevava lui, quindi rimarranno nella storia come i più buoni mai mangiati. Anche quando si andava in giro il suo momento preferito era il pranzo. Fino alla fine, nonostante i dolori, chiedeva di accompagnarlo a fare improbabili aperitivi qua e là: il lago era nel suo immaginario il luogo perfetto per queste mini vacanze di qualche ora.
E così, il nonno Beppe ha detto “ciao”. Soffriva tantissimo, alla fine. Era diventato un mucchietto di ossa. Nel suo solito stile silenzioso ha chiuso gli occhi. Ci mancherà tanto.