E così un’altra Pasqua in lockdown. Avevo creduto che quella dell’anno scorso sarebbe stata la prima e l’ultima. Invece, sembra di vivere addirittura qualcosa di peggiore. Davvero, non l’avrei detto. D’altronde sono poco esperto di queste cose. Leggo, mi informo e mi adeguo. L’unico atto di ribellione è fare due passi, ogni tanto, in aperta campagna a due passi da casa, appunto. Non capisco tante cose. L’ultima è questa: è possibile andare in un aeroporto, prendere un volo, andare all’estero, farsi una vacanza e tornare come se niente fosse, ma devo stare attento, durante le mie camminate, a non superare il confine della regione a quattro chilometri di distanza, sempre in aperta campagna. Misteri.
In tutto questo, c’è una cosa che ora mi dà fastidio più delle altre. La rassegnazione. Quanto poco mi piace sentirmi rassegnato, sopraffatto. Ogni progetto (si fa per dire: non si riesce a programmare nulla!) alla fine salta o, comunque, viene modificato. E quasi non ci si arrabbia più. Niente. Si fa finta di niente e si va avanti come fosse niente. Rassegnazione. Che brutta cosa.
Ci auguriamo che presto vedremo la luce, che finirà. Ma non era quello che accadeva esattamente un anno fa? Ho paura che questa sensazione di rassegnazione si trasmetta viscida sui miei figli, sui giovani. Possono sopportare un anno di dad, su questo alzo le spalle, non mi irrito. Non è come andare in classe, ma pazienza. Sulle emozioni, però, sono un po’ più preoccupato e questo senso di accettare adattandosi a tutto ho timore che spenga la scintilla. Ci si addormenta lasciando che tutto accada senza un briciolo di sfogo. Che non vuol dire che bisogna scendere in guerra con atti di ribellione, ma neppure lasciare che ci sia la sopraffazione del nostro più intimo desiderio di trovare nella rabbia la voglia di andare avanti. C’è qualcosa di genuino nel reagire prima che si trasformi in cattiveria, guerra, azione. Poi, qualcuno lo sa trasformare in un dipinto, qualcun altro in un libro, altri lo investono nello sport e altri ancora nel proprio lavoro. Tutto, ma non il soffocamento dell’anima.
La Pasqua, si sa, porta il pensiero di una rinascita, di un cambiamento. Vorrei che fosse questo: non spegnere questa irritazione, ma darle un nome, collegarla al movimento del nostro essere, fisico e intellettuale, per fargli fare un passo più in là.
Auguri a tutti.
Purtroppo una delle più belle canzoni di tutti i tempi, scritta nel 1962 da BOB DYLAN, resta ancora un auspicio che appare per molti aspetti irrealizzabile, speriamo di non fare la fine dei dinosauri…
Lascio il testo originale, perchè la traduzione nella nostra lingua fa perdere efficacia alla profondità del contenuto.
How many roads must a man walk down
Before you call him a man?
How many seas must a white dove sail
Before she sleeps in the sand?
Yes, and how many times must the cannonballs fly
Before they’re forever banned?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind
The answer is blowin’ in the wind
Yes, and how many years must a mountain exist
Before it is washed to the sea?
And how many years can some people exist
Before they’re allowed to be free?
Yes, and how many times can a man turn his head
And pretend that he just doesn’t see?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind
The answer is blowin’ in the wind
Yes, and how many times must a man look up
Before he can see the sky?
And how many ears must one man have
Before he can hear people cry?
Yes, and how many deaths will it take ‘til he knows
That too many people have died?
The answer, my friend, is blowin’ in the wind
The answer is blowin’ in the wind.
BUONA PASQUA DOTT. BERTAGNA !!!